Redazione Aperta – Castiglioni, una vita spericolata
Una vita senza freni, all’insegna di una ricerca quasi spasmodica di visibilità e fama che lo portò a diventare il re dei finanzieri e industriali europei. Allo stesso tempo però una vicenda umana inquieta e a tratti inquietante.
Difficile riassumere in una mostra l’esistenza di Camillo Castiglioni, il suo complesso rapporto con l’identità ebraica, con il padre Vittorio che fu vice rabbino di Trieste e poi rabbino capo di Roma, la sua fascinazione per potere, per il regime fascista, e poi il crollo repentino, le Leggi del ’38 che lo colpirono senza sconti, i sotterfugi con cui si salvò dalle persecuzioni, il suo esuberante riaffacciarsi sulla scena nei primi anni del dopoguerra. Fino all’ultima, incredibile, controversia legale che lo vide contrapposto (e vincente in sede giudiziaria) con il Maresciallo Tito.
A provarci è “Camillo Castiglioni e il mito della BMW”, organizzata dalla Fondazione Bardelli in collaborazione con il Comune di Trieste e ospitata ancora per alcuni giorni a Palazzo Gopcevich. Al centro di questo allestimento, curato da Mauro Martinenzi e Susanna Ognibene e ispirato al libro Lo “squalo” e le leggi razziali. Vita spericolata di Camillo Castiglioni di Gianni Scipione Rossi, una delle principali intuizioni di Castiglioni.
È il 1918 quando diventa unico proprietario dell’azienda tedesca, di cui aveva acquistato una quota l’anno precedente, e ne favorisce il rilancio su scala internazionale. Nel 1923 la BMW sforna la sua prima moto, la R32 con motore Boxe: l’inizio di una saga leggendaria.
Quella di Castiglioni, come spiegato dai curatori alla redazione in visita ieri alla mostra, fu una vita costellata da episodi eclatanti. Insieme a Ferdinand Porsche, nel 1909 realizza il primo dirigibile militare austro-ungarico con cui il 29 novembre di quell’anno sorvola Vienna conquistando la fiducia del giovane arciduca Carlo, per il quale, in seguito, effettua proficue speculazioni nelle borse di Vienna e di Parigi. Durante la Prima Guerra Mondiale, nonostante una precedente militanza irredentista, con le sue aziende diventa inoltre uno dei principali produttore aeronautici europei, fornendo alla Germania ed all’Impero Austroungarico l’80% dei velivoli militari usati durante il conflitto. Il 1924 invece è l’anno del tracollo, a causa di alcune speculazioni fallite sul franco francese. L’anno successivo è così costretto a mettere all’asta la sua preziosa collezione di opere d’arte, tra cui si annoveravano dipinti di Donatello, Tiziano, Tintoretto, Rembrandt. “L’asta del secolo” per i quotidiani dell’epoca.
Ma è solo la prima delle grandi prove cui è sottoposto nella sua vita turbolenta. Nel ’38, l’anno delle Leggi razziste, spera di farla franca. Ma la stretta del regime colpisce anche lui, l’amico di Mussolini, l’uomo che al fascismo ha elargito fior di donazioni. Ecco allora che Trieste torna protagonista. Il 18 settembre di quell’anno il dittatore si affaccia in Piazza Unità d’Italia, per annunciare l’entrata in vigore dei provvedimenti antiebraici.
Camillo ha voltato le spalle alle sue radici ebraiche da ormai diversi anni: si è convertito al cristianesimo, suo figlio è battezzato. Ma per il regime, come ricorda Mauro Tabor, assessore alla Cultura della Comunità ebraica triestina in un suo testo che appare nel catalogo della mostra, ciò non fa alcuna differenza. E così anche Camillo, lo “squalo” della finanza del Primo Novecento europeo, l’uomo che dialogava faccia a faccia con imperatori, capi di governo e dittatori, si avvia verso un tragico destino di indifferenza e marginalità. Riuscirà a salvarsi dall’arresto e dalla deportazione, ma quell’esperienza finirà comunque per lasciare il segno.
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(18 luglio 2019)