La buona fede dei fedeli
Mi fa piacere che Giorgio Berruto sia tornato su un episodio di circa due mesi fa che mi pare non abbia avuto l’attenzione mediatica che ci si poteva aspettare data la sua gravità: i fischi indirizzati al papa durante un comizio. Mi permetto dunque di seguire le sue orme e tornare a ragionare un po’ su quell’episodio davvero sconcertante.
Come può un politico che si dichiara orgogliosamente cattolico mancare di rispetto al papa, o accettare che in sua presenza gli si manchi di rispetto? Addirittura tollerare che il papa, supremo leader spirituale di tutti i cattolici del mondo, venga fischiato? Per quanto possa essere in disaccordo con lui, non dovrebbe credere per fede che la sua elezione sia frutto della volontà divina?
Noi ebrei non abbiamo nulla di simile a un papa: non esiste un Rabbino Capo del mondo, e neppure un Rabbino Capo d’Europa o d’Italia; inoltre, a differenza dei cattolici, non siamo tenuti a credere che i Consigli delle Comunità quando nominano un Rabbino Capo siano divinamente ispirati. Spesso e volentieri litighiamo con i nostri rabbini, li contestiamo, può anche accadere che li revochiamo. Eppure non riesco proprio a immaginare, né nel passato, né nel presente né nel futuro, un gruppo di ebrei che fischi all’indirizzo di un rabbino o compia analoghi gesti di mancanza di rispetto. Davvero non ci riesco. Tra parentesi, non riesco neppure a immaginare un gruppo di ebrei che fischia il papa, o qualunque altra guida spirituale di qualunque altra religione. E, simmetricamente, vi immaginate quale putiferio l’UCEI e altre istituzioni ebraiche scatenerebbero (giustamente) se durante un comizio di un qualunque partito venisse fischiato un rabbino? O vi immaginate cosa accadrebbe se venisse fischiato un pastore, un imam, un qualunque altro leader religioso?
I cattolici – mi si dirà – hanno una lunghissima tradizione di contestazione anche dura nei confronti dei papi. Dante, per esempio, non ne ha forse collocati un buon numero all’inferno o in purgatorio, trovando addirittura un espediente per annunciare anticipatamente la dannazione anche di quelli che nel 1300 (anno del suo viaggio nell’aldilà) erano ancora vivi? Non coglie forse ogni pretesto per dire qualcosa di negativo su Bonifacio VIII? Sì, queste cose sono note. Ma forse non si fa abbastanza attenzione ad altri passi della stessa Commedia: per quanto Dante potesse ritenere Bonifacio VIII detestabile, l’oltraggio da lui subito nel 1303 ad Anagni (dove il papa venne addirittura schiaffeggiato) gli appare così grave da paragonarlo (nel XX canto del Purgatorio) alla stessa passione di Cristo. E il giubileo, proclamato da Bonifacio VIII presumibilmente per motivi di interesse economico, è comunque valido persino nell’aldilà, al punto da obbligare l’angelo che trasporta le anime al purgatorio ad accogliere sulla sua barca chiunque chieda di salire, a differenza di quanto accadeva prima che il giubileo fosse proclamato. Vale la pena anche di ricordare che Bonifacio VIII, oltre ad essere nemico personale di Dante e responsabile del suo esilio, era anche un papa la cui autorità avrebbe forse potuto essere messa in discussione dato che era stato eletto in seguito non alla morte ma all’abdicazione del suo predecessore (circostanza che non si verificherà più fino al 2013). Tuttavia la logica di Dante è chiara: di un papa specifico si potrà anche dire peste e corna, ma l’istituzione rimane sacra, e lo stesso papa destinato alla dannazione diventa sacro nella misura in cui incarna l’istituzione.
Mancare di rispetto a un qualunque leader religioso è un segno di intolleranza e maleducazione, mancare di rispetto a colui che è considerato il capo spirituale della propria religione in tutto il mondo significa mancare di rispetto a se stessi e alla propria fede. Francamente fatico a credere che chi si proclama credente e si comporta in questo modo possa essere in buona fede.
Anna Segre