La presenza ebraica
Livorno agli inizi dell’Ottocento pare avesse una popolazione ebraica di oltre cinquemila anime. Con il declino dei traffici marittimi dal porto toscano, la Shoah, e la lenta ripresa nel dopoguerra la popolazione si è drasticamente ridotta, spostandosi in altri centri della penisola o in Israele. In realtà, oltre alle migrazioni, anche l’assimilazione ha fortemente influito sul tessuto ebraico locale. Nella mia città capita continuamente di incontrare persone con un genitore, un nonno, una nonna, un bisnonno o un trisavolo ebreo. Oserei dire che è quasi più raro trovare un livornese senza. Ciò naturalmente è irrilevante dal punto di vista halakhico: una città con molte persone con qualche antenato ebreo o con ebrei che non frequentano più, non fa sì che questa sia una città “ebraica” o con una comunità florida come fu in tempi lontani. Una volta un amico avanzò la tesi che a Livorno, a differenza di altre città, gli ebrei con un grado d’istruzione maggiore abbiano conservato più vividamente le tradizioni, rispetto a quelli appartenenti al “popolino” più destinati a perderle perché maggiormente assimilati. Ma in verità non è propriamente così, entrambe le categorie esistono tutt’ora sia dentro che fuori l’ebraismo locale. La livornesità tuttavia, è orgogliosamente cosmopolita per sua stessa natura, le “Leggi Livornine” sono citate un po’ da tutti, specie in merito alle ultime vicende politiche, oltre a vederle “stampate” persino sui muri cittadini. Quando la tifoseria laziale di estrema destra intonava contro la curva labronica il coro “livornese ebreo”, forse non avevano ben chiaro che qui la parola “ebreo” raramente è percepita come un’offesa.
Sentimentalismo a parte, il caso di Livorno non è poi così unico. Quando si parla di luoghi o interi stati senza più ebrei, per quanto corretto da un punto di vista tecnico e in riferimento purtroppo alla scomparsa di una vera e propria vita ebraica, bisognerebbe pensare che un retaggio ebraico o una sorta di “cripto-ebraismo” esisterà pur sempre. Un discorso per quanto ovviamente diverso che vale anche per alcuni paesi del Nord Africa o del Medio Oriente. In Egitto o in Algeria per esempio non pochi ebrei rimasti nel paese hanno smesso di considerarsi tali, soprattutto per timore di ritorsioni nei loro confronti o per la mancanza di istituzioni ebraiche riconosciute dai governi. Paura e quindi abbandono forzato – come fu per gli ebrei di Mashhad in Iran -, matrimoni misti, o allontanamento volontario per ragioni disparate, sono tutte circostanze che al pari delle migrazioni/esodi portano a una visione più completa del perché in molti luoghi non si possa più parlare di presenza ebraica.
Francesco Moises Bassano