Haaretz e la dinastia Shocken,
100 anni di giornalismo

“Cento anni fa, il 18 giugno 1919, fu pubblicato a Gerusalemme il primo numero di Haaretz. È stato il primo giornale ebraico nella Palestina del Mandato Britannico. Oggi, Haaretz è la migliore fonte di notizie, commenti e opinioni su Israele”. Almeno questo scrive, senza falsa modestia, il suo editore, Amos Shocken, celebrando il centenario del giornale che la sua famiglia rilevò negli anni ’30 senza più abbandonarlo.
L’importanza della famiglia Schocken non deriva solo dalla creazione di un impero editoriale conosciuto in tutto il mondo: Salman, capostipite della famiglia, è stato uno dei maggiori promotori della cultura ebraica, in particolare negli Stati Uniti. Divoratore di libri sin da ragazzino, Salman ha una sorta di rivelazione leggendo La civiltà del Rinascimento in Italia di Burckhardt e decide di dare origine ad un “Rinascimento Ebraico”, diventare una sorta di Lorenzo de’ Medici della cultura ebraica.
Primo passo verso la realizzazione del progetto è la creazione della catena di librerie Schocken in Germania, ma l’avvento del nazismo sconvolge i suoi piani e decide di spostarsi nel 1934 in Palestina mandataria, portando con sé la famiglia e una collezione di 30 mila volumi di inestimabile valore, fra cui un documento sulla Teoria della Relatività scritto a mano dallo stesso Einstein. Nel ’37 acquista Haaretz e vi pone alla guida il figlio, Gershom. Come il padre, Gershom Schocken, diventato a soli ventiquattro anni direttore del giornale, dimostra ben presto una spiccata capacità imprenditoriale ma, a differenza del genitore, non è condizionato da una visione idealistica della realtà ed è meno radicato al passato. Nei cinquant’anni in cui ha tenuto le redini del giornale, Gershom si è distino per le sue battaglie per la liberalizzazione dell’economia israeliana, contro la censura e per la creazione di una Costituzione per il Paese (In effetti con l’Indipendenza di Israele, nel 1948, sono state stabilite una serie di leggi fondamentali, ma non una Costituzione). Un uomo di grande dedizione, professionalità e cultura, così lo ha descritto Amos Elon, uno dei principali cronisti nella storia di Israele e autore del libro Israeliani, padri fondatori e figli, dopo la scomparsa dell’editore nel 1990.
Influenzata dall’umanesimo paterno, l’idea di Gershom Schocken era creare un giornale in grado di garantire al proprio lettore tutte le informazioni necessarie, in modo da farne un membro attivo di una moderna democrazia come il giovane Stato di Israele. Il giornale non deve limitarsi a dare notizie, deve permettere alle persone di confrontarsi consapevolmente con la realtà. Prende così corpo un giornale che analizza i problemi da posizioni diverse, spesso scomode, in modo da dare al lettore una visione che vorrebbe essere ricca e ampia. L’attuale presidente d’Israele, Reuven Rivlin, ha detto di leggerlo quotidianamente. D’altra parte è innegabile che sia un giornale di nicchia, è sì una voce forte nel panorama informativo israeliano, ma non rappresenta l’orientamento dell’opinione pubblica, anzi rema controcorrente e nel corso del tempo ha generato non poche insofferenze.
I concorrenti di Haartez e non solo accusano il giornale – che ha alcune firme controverse che spingono al limite le proprie opinioni – di avere la tendenza a demonizzare Israele e di fare una vera e propria propaganda a favore dei palestinesi. Per uscire dalla situazione, oramai imbarazzante, Amos Schocken, diventato proprietario del giornale dopo la morte del padre Gershom, ha cercato la via del dialogo con i propri lettori, rispondendo via lettera e mail alle loro perplessità.
Dal momento che Haartez stava perdendo lettori e soldi, ci si sarebbe aspettati un’imposizione dall’alto per fermare le polemiche e ammorbidire le voci scomode, mentre Amos si è trovato, come raccontava in un’intervista, nella situazione paradossale di dover rassicurare il proprio direttore, preoccupato per l’accesa reazione dei lettori. Quest’ultimo ha replicato stupefatto: “Ho un fanatico suicida come editore”. La scelta di rimanere coerenti alla direzione presa, spiega Amos, nasce dall’idea originaria degli Schocken che il giornale abbia una missione: raccontare la verità, o quantomeno tentare di farlo, senza rincorrere i sentimenti dei lettori. Ma con il rischio di essere sfogliati solo dal 6 per cento dei lettori. A tanto (poco) infatti si attesta la fetta di mercato di Haaretz, ma Shocken non vuole cambiare strategia. E i suoi editoriali sono tra i più sferzanti che il giornali pubblica. “Haaretz – sostiene l’editore – è il più forte sostenitore di una Israele come democrazia liberale che vive in pace con i suoi vicini palestinesi e che garantisce uguali diritti a tutti i suoi cittadini. Entro tre mesi, Israele terrà ancora una volta un’elezione generale e il prossimo governo sarà scelto. Il vero problema è se Israele rimarrà una democrazia liberale o se si muoverà ulteriormente verso una società fondamentalista ed etnocentrica”. Di certo avranno ancora spazio le sue parole taglienti all’interno di un giornale che fa della critica la sua ragion d’essere. La definizione di Haaretz che probabilmente è destinata a passare alla storia l’ha coniata il padre del Likud Menahem Begin. Interrogato su quale sia la linea politica del giornale di riferimento della classe dirigente, l’allora primo ministro liquidò la questione con poche parole: “L’ultimo governo appoggiato da Haaretz è stato il Mandato britannico sulla Palestina”.

Daniel Reichel, Pagine Ebraiche luglio 2019

(22 luglio 2019)