Una formula inappropriata
“Che la terra ti sia lieve”, dalla locuzione latina Sit tibi terra levis, è un modo di salutare chi ha lasciato il mondo terreno che, in questi anni, pare essere rinverdito e che si ritrova spesso anche in commenti in ambito ebraico.
Senza ovviamente voler “bacchettare” nessuno, cosa particolarmente odiosa quando ci si debba confrontare con il dolore per una perdita, trovo che questo modo di dire non si addica affatto allo spirito ebraico, trasmettendo un senso di oppressione e di angoscia assai materiali, sentimenti diversi dal dolore e dalla nostalgia per la persona cara.
E allora, come spesso mi ritrovo a fare, preferisco ricordare le parole di un grande Maestro, pitiglianese di nascita ma cresciuto e valorizzatosi per l’enorme cultura e umanità che aveva a Livorno, che affermava: “La morte, per l’Ebraismo, è un sonno e un riposo, un’ascensione dell’anima in regione superiore, è un’accoglienza che Iddio fa alla creatura mortale, è un riunirsi d’essa creatura ai propri parenti, anche se morti e seppelliti in paesi diversi e lontani, è un tornare al Cielo, è un legarsi sempre più al vincolo naturale della vita”.
Parole di consolazione di rav Samuele Colombo zl, ben diverse da una visione che ha radici pagane.
Gadi Polacco
(23 luglio 2019)