JCiak – Alla corte di RBG
Esce finalmente in Italia Alla corte di Ruth, il magnifico documentario diretto da Betsy West e Julie Cohen dedicato a Ruth Bader Ginsburg, 86 anni, il giudice della Corte suprema più famoso d’America. Seconda donna nominata alla prestigiosa posizione, Ginsburg è ormai entrata a fare parte dell’immaginario collettivo. È la spina nel fianco dei trumpiani, uno degli ultimi baluardi di resistenza democratica in un Paese sempre più conservatore. Ed è una donna di tale carisma che i millennial, di solito allergici alla politica, l’hanno eletta loro simbolo e con il soprannome Notorious RBG (dal rapper Notorious BIG) l’hanno spedita sul web dov’è subito diventata virale.
Non si sa per che ragione il film di Betsy West e Julie Cohen, nominato agli Oscar, nella traduzione italiana cambia titolo. Forse ritenuto enigmatico, il secco RBG diventa un ammiccante Alla corte di Ruth – assai poco adatto alla personalità ironica e sferzante di Bader Ginsberg che il film restituisce invece nella sua complessità.
Mischiando interviste e materiali d’archivio, West e Cohen raccontano il suo passaggio da una Harvard ancora dominata dagli uomini al mondo del lavoro che la rifiuta solo perché donna. La seguiamo nel caso di discriminazione di genere destinato a diventare una pietra miliare nella giurisdizione statunitense e a lanciare la sua carriera che approda al massimo grado dell’autorità giudiziaria, la Corte suprema, dove diviene celebre per i suoi energici dissensi.
Si scorre con gusto dal registro pubblico a quello privato. Ruth Bader Ginsburg è nota per una capacità di lavoro al limite dell’impossibile. Forse meno le si conosce un gusto per la vita che non la abbandona neanche nei momenti più difficili. La giudice ha una famiglia, due figli, un marito amatissimo che la sostiene fin dai primi passi. Donna in gioventù di sfolgorante bellezza, adora l’opera che spesso in passato ha frequentato con il giudice Scalia, avversario all’interno della Corte suprema ma grande amico.
Ama i viaggi a cui non rinuncia nemmeno quando gli anni si fanno sentire e ha un debole per i civettuoli collari di cui adorna la toga (il più famoso è quello che annuncia un dissenso). A ottant’anni suonati si allena con l’energia di un atleta e non rinuncia alle candele di Shabbat e alla tradizione ebraica. È una donna che ha scelto di vivere a sua misura, anche quando i tempi o gli opportunismi di carriera dettavano altro.
È un film da vedere, questo di Betsy West e Julie Cohen. A differenza del recente Una giusta causa di Mimi Leder (con Felicity Jones e Armie Hammer) che ripercorreva i suoi esordi, qui gli stereotipi e i facili romanticismi sono al bando. Alla corte di Ruth è invece uno di quei rari film capaci di accendere l’entusiasmo della passione civile.
Ruth Bader Ginsburg ci ricorda quant’è stato difficile per le donne arrivare fino qui e quant’è difficile restarci. Nelle sue parole risplendono il valore dell’impegno, dell’onestà intellettuale e la responsabilità che ciascuno di noi ha verso il mondo. E se alla fine riuscite a non applaudire siete bravi…
Daniela Gross
(25 luglio 2019)