Viviane Maier e i segreti della fotografia
“I 70 autoritratti qui esposti fanno parte di un fondo di 150 mila negativi, ricuperato in modo fiabesco. Un ricercatore americano casualmente acquistò per poco all’asta degli scatoloni che erano stati pignorati a una vecchia bambinaia in miseria, Vivian Maier, insolvente l’affitto della propria abitazione, quindi, soccorsa per carità da una delle famiglie alle quali aveva prestato servizio. Morì a 83 anni d’età nel 2009”. A raccontare la storia affascinante di una fotografa rimasta per decenni nell’anonimato, Giulio Montenero, noto critico d’arte triestino, che in occasione del laboratorio giornalistico UCEI Redazione Aperta ha presentato la mostra Vivian Maier, The Self-Portrait and its Double, in corso al Magazzino delle Idee di Trieste. Un’esposizione fotografica curata da Anne Morin in cui attraverso 70 autoritratti – di cui 59 in bianco e nero e 11 a colori – si comprende la complessità artistica della Maier. “Con i suoi 150 mila scatti mostrati a nessuno, neanche a se stessa. Le bastava sapere che può fermare l’attimo in cui la singolarità delle circostanze con cui il destino l’ha messa in contatto, non intaccano l’intatto permane della propria autocoscienza. Per salvarsi, non usa il proprio prodotto. È significativo che adoperò la Rolleiflex, complemento del suo corpo”, ha spiegato Montenero, ricordando come la Maier scelse volutamente di non sviluppare i rullini che contenevano le sue immagini. Le bastava averle scattate.
Nata a New York, figlia di madre francese, Maria Jaussaud, e padre austriaco, Charles Maier, scelse per il suo amore per i bambini e per la vita all’aperto di fare la tata, utilizzando la fotografia come espressione di sé e non come un lavoro. I negativi del suo lavoro furono scoperti nel 2007 dal regista John Maloof, che per caso li acquistò in una casa d’aste. Maloof era in cerca di fotografie sulla città di Chicago per un volume fotografico, quando scoprì casualmente una valigetta contenente i negativi della Maier. Coinvolto dal lavoro della fotografa, Maloof decise di ricostruirne la vita indagando la personalità dell’artista attraverso gli oggetti a lei appartenuti e di condividere la scoperta con un film documentario intitolato Finding Vivian Maier.