Controversie rabbiniche
Ho appena terminato di leggere La moglie del Rabbino di Chaim Grade, uscito da poco in traduzione italiana per Giuntina. Non intendo qui analizzare dettagliatamente il romanzo, di cui ha già parlato su queste colonne Stefano Jesurum. Vorrei soltanto soffermarmi sull’ambiente descritto. I riferimenti sono volutamente vaghi, ma da alcuni dettagli si può intuire che si tratta della Lituania negli anni tra le due guerre. Un mondo quasi esclusivamente ebraico, di artigiani e commercianti, lacerato da aspre lotte tra sionisti e antisionisti. Insomma, un mondo che sulla carta appare molto lontano dal nostro. Le condizioni economiche e sociali degli ebrei in Italia oggi sono diverse da quelle descritte nel romanzo, così come sono diverse le contese ideologiche: oggi tra gli ebrei italiani nessuno si dichiara antisionista. Eppure ho trovato alcune somiglianze sconcertanti, soprattutto nel modo in cui viene descritta la contesa tra due rabbini e i loro rispettivi seguaci, con i consiglieri e i personaggi in vista della comunità pronti a schierarsi per l’uno o per l’altro.
Certo, nel romanzo la contesa è alimentata ad arte dalla moglie di uno dei due rabbini in questione, che in gioventù era stata fidanzata con l’altro e da lui era stata poi respinta. È lei la protagonista che dà il nome al romanzo, “personaggio estremo ma allo stesso tempo plausibile, odioso ma che non si può evitare di ammirare”, come scrive la traduttrice Anna Linda Callow nella postfazione. “Figlia di un famoso rabbino – aveva scritto la Callow poco prima – Perele ha introiettato i valori della società di talmudisti in cui vive, ma pur dotata di un’intelligenza acuta non può incarnarli personalmente esclusa com’è dagli studi riservati ai maschi, per cui deve trovare uno sposo degno del suo rango e vivere quei valori attraverso i successi del marito e dei figli.” In realtà Perele non è la Yentl di I.B. Singer (ragazza che dopo la morte del padre si traveste da uomo per poter continuare a studiare il Talmud), e non sembra appassionarsi tanto a quei valori in sé (lo studio, le lunghe discussioni) quanto al prestigio che ne deriva; anche per questo non è un personaggio simpatico.
Senza dubbio Perele è la principale responsabile dei dissapori tra il marito e l’ex fidanzato, ma talvolta sembra che la situazione scappi di mano persino a lei e che la contesa tra i seguaci di un rabbino e quelli dell’altro si alimenti da sé, in un crescendo di polemiche, dispetti e ripicche. Leggendo il romanzo ho sofferto quasi fisicamente per queste liti, avrei voluto gridare ai contendenti di fermarsi, di interrompere quel circolo vizioso dannoso per tutti. Veniva voglia di suggerire ai due rabbini (che tutto sommato si stimano reciprocamente) di sedersi insieme una buona volta e parlare a quattr’occhi senza i rispettivi seguaci che soffiano sul fuoco delle polemiche. Sensazioni che ho provato anche nella realtà.
Fortunatamente le liti tra i rabbini non sono l’unico elemento di contatto tra quel mondo ebraico di quasi cent’anni fa e il nostro: ci sono anche le feste, con i loro precetti, le loro tradizioni e le loro usanze, che scandiscono il ritmo delle stagioni. E in fondo è bello constatare che quel mondo almeno in parte rivive in noi, nelle nostre tradizioni e anche nelle nostre polemiche.
Anna Segre
(26 luglio 2019)