Il concetto di confine
Il viaggio per arrivare a Trieste mi suscita sempre una certa emozione. All’altezza della stazione di Monfalcone il treno comincia a curvare e poi a salire, il paesaggio cambia radicalmente, rispetto alla pianura friulana diventa molto più boscoso e roccioso, carsico e mediterraneo. Si vede per la prima volta il mare Adriatico, prima celato, e al di là di questo emerge nettamente il basso litorale che comprende Grado e le lagune che giungono sino a Venezia. Alle spalle il viaggiatore si lascia dunque una terra, la quale non è altro che l’Italia continentale, per incontrarne un’altra. Considerando ciò infatti, la provincia di Trieste non sarebbe parte della porzione continentale italiana ma piuttosto della penisola Balcanica, la quale inizierebbe qui e finirebbe tra il Mar Egeo e il Mar Nero. Quando invece, dalla parte opposta, si percorre la Riviera Ligure per arrivare in Francia, si ha quasi l’impressione che l’Italia, la Liguria e la costa non terminino mai, almeno sino a Fréjus o Tolone. Non si avverte un cambio così radicale nella “linearità” e nella “monotonia” del percorso, almeno dal punto di vista geografico.
Ma la delimitazione dei Balcani con inizio dalla foce dell’Isonzo non pare avere molto consenso in Italia. Trieste per ragioni storiche e politiche viene spesso considerata parte della nostra penisola – sebbene questa cominci realmente secondo i geografi dà Rimini – In fondo questa stretta striscia di terra che collega l’Italia con l’Europa Orientale, non da molto l’idea di un passaggio o di un inizio, ma piuttosto di un termine. Alla stazione centrale di Trieste la rete ferroviaria si interrompe, cosa vi sia oltre non è molto chiaro per chi qui giunge, per quanto gli austriaci con la stazione Campo Marzio continuarono il percorso sino a Cosina/Kozina, in Slovenia, e poi da lì verso l’Istria (Linea chiusa dal 1958).
Questa riflessione insolita cerca ancora una volta di tratteggiare come il concetto di confine sia così arbitrario e variabile nel tempo. Il viaggiatore del passato individuava probabilmente i confini in maniera differente rispetto a noi, piuttosto in relazione a uno sbocco sul mare, a un valico di montagna, o appunto a due terre che seppur collegate apparivano una di fronte all’altra. Anche il Vicino Oriente almeno dal cielo e dal mare si profila ancora contiguo. Tra Kfar Rosh HaNikra, dopo Nahariya, e Naqura in Libano, la strada e la ferrovia si spezzano su entrambi i lati. Se non ci fosse Hizbollah asserragliato al confine, e un treno collegasse i due stati, chissà se il passaggio ricorderebbe più quello tra Ventimiglia e Mentone o quello oltre l’Isonzo.
Francesco Moises Bassano
(26 luglio 2019)