Le città globali
La nozione di città globale, nata in ambito sociologio ed urbanistico ma ora estesasi anche al contesto economico, non è nuova. Già su queste pagine ne avevamo fatto accenno, per poi tornarci adesso. Nel suo volume The Global City, Saskia Sassen ha dimostrato come numerose metropoli mondiali si siano sviluppate all’interno di mercati transnazionali, a partire da quelli finanziari, essendo oramai più simili tra loro che non in confronto al rispettivo urbanesimo regionale. In altre parole, ci sono molti più elementi di comunanza tra Tokyo e New York e tra Shangai e Karachi che non tra queste singole conurbazioni e l’ambiente a loro circostante. Di fatto, queste grandi strutture metropolitane, che si allargano per cerchi concentrici, e che hanno la caratteristica di costituire snodi di raccolta, concentrazione e distribuzione di grandi ricchezze, tendono a sostituirsi, quanto meno in alcune funzioni strategiche, a partire da quelle economiche, agli Stati nazionali. Se una volta li integravano, essendone poli di eccellenza, oggi invece costituiscono delle realtà per più aspetti autonome. Fiscalmente e amministrativamente dipendenti comunque dal centro politico statale, tuttavia hanno una vita a sé stante. Se vogliamo rimanere nel nostro ambito, gli esempi più pertinenti sono Milano per l’Italia (che sta raccogliendo investimenti per l’ordine di tre miliardi e più nella riqualificazione degli assetti urbanistici) e Tel Aviv (ovvero il suo distretto economico, industriale, culturale e sociale) per Israele. Non le capitali, quindi. I criteri per definire un agglomerato metropolitano come città globale sono molteplici e non sempre condivisi. Rimane il fatto che, trattandosi del prodotto del mutamento indotto dalla globalizzazione, oltre a sommare su di sé molta ricchezza, e quindi ad avere un forte carattere attrattivo, essendo la meta di chi cerca fortuna o intende moltiplicarla, presentano comunque alcune caratteristiche comuni. Tra di esse si possono annovare: l’essere inserite in un circuito di eventi periodici a rilevanza internazionale (ad esempio l’Expo o l’organizzazione di grandi kermesse sportive); l’avere un nome che è conosciuto a livello mondiale, quasi che esso sia identificabile come una sorta di brand commerciale e quindi promozionale; il possedere un avanzato sistema di trasporti urbani e metropolitani, così come di collegamenti nazionali ed internazionali, fungendo da hub o comunque da snodo tra diverse regioni del mondo; l’offrire un ambiente favorevole allo sviluppo sociale, agevolando il pluralismo identitario, la libera comunicazione, gli scambi non solo materiali ma anche simbolici, ovvero culturali; l’ospitare una popolazione solo in parte autoctona, composta cioè anche da flussi di individui e gruppi in transito, ma destinati comunque a lasciare una qualche traccia di lunga durata (cosmopolitismo); lo svilupparsi sia a livello periferico attraverso successive conurbazioni (che dilatano il diametro urbano) sia per il tramite della costante riqualificazione dei centri urbani; il misurare un tendenziale incremento periodico della popolazione che vi risiede; l’essere il centro non solo di innovazioni ma anche di sperimentazioni sui grandi temi della sostenibilità dei trasporti, dei consumi, del circuito dello smaltimento dei rifiuti, più in generale delle politiche sociali; l’offrire un ambiente culturalmente stimolante, essendo anche città che ospitano importanti istituzioni scolastiche ed universitarie, attraverso le quali si forma la futura classe dirigente; il possedere e l’innovare costantemente i sistemi di telecomunicazioni, adoperandosi per renderli fruibili ad un numero crescente di utenti; essere la sede di imprese del terziario avanzato ramificate a livello internazionale. La caratteristica peculiare di urbanizzazione delle città globali è quella della sostituzione. L’area metropolitana più ristretta tende infatti ad allontanare gli abitanti originari, spingendoli verso l’esterno (ovvero, nelle zone più periferiche, in genere di nuova edificazione), risultando invece competitiva per l’impianto delle grandi imprese legate al terziario e alla promozione culturale. La grande città si identifica quindi con il suo centro, che trasforma la sua identità trasmettendola e trasferendola sul piano internazionale. Detto questo, sarebbe interessante chiedere ai lettori come percepiscano e vivano oggi Tel Aviv che, lo ricordiamo, vanta solo un centinaio di anni dal momento della sua fondazione.
Claudio Vercelli