Il limite sempre un po’ più in là
Ancora una nave attraccata ad un porto con decine di persone a bordo, che non possono sbarcare per ignoti motivi. Questa volta, come nel caso Diciotti di un anno fa, non si tratta di una ONG, ma di una nave della marina militare italiana. Il ché aggrava ulteriormente il circolo vizioso in cui ci ha infilato questa propaganda sovranista, pronta a difendere il «valore delle forze dell’ordine» a favor di fotografi e sempre pronta a limitarne l’autorità quando si tratta di svolgere le proprie funzioni. Naturalmente, non cambierebbe nulla rispetto a fini redistributivi dei profughi (espressione di per sé orrenda) se questi «superstiti» sbarcassero e potessero dormire in un letto piuttosto che sul ponte di una nave non attrezzata. Ma la propaganda ha le sue esigenze e l’immagine di uno sbarco, così devono pensare gli spin doctor della «Bestia» salviniana, sarebbe come un’ammissione di debolezza. Meglio farsi vedere sulle spiagge di Forte dei Marmi con i figli intenti a giocare con le moto ad acqua di una polizia, che sembra sempre di più una milizia privata agli ordini del Ministro dell’interno. Naturalmente il problema è assai più ampio di Salvini e supera di molto gli steccati destra-sinistra, se è vero come è vero che la Spagna di Sanchez impone multe stratosferiche alle ONG che attraccano o che Macron ha i comportamenti che ha. Dal momento, però, che ogni persona ha diritto alla domanda d’asilo, la domanda per me resta solo una: in Europa esiste ancora questa possibilità? Viene in mente quel commento di Bereshit rabbà al termine hamas in Bereshit 6, 13: «Haaretz hamas», «la terra è piena di violenza». Che tipo di violenza, ci si chiede? Quella che toglie una perutah (la quantità più piccola) alla volta. Quella che sposta il limite un po’ più in là, fino a che non arriva il diluvio. Dobbiamo prepararci al peggio e costruirci una tevà (arca)?
Davide Assael, presidente Associazione Lech Lechà
(31 luglio 2019)