Periscopio – I tweet di Trump

lucreziPer natura, sono sempre stato lontano dalla cosiddetta dietrologia, così come dal cosiddetto complottismo, e faccio fatica a immaginare che dietro la realtà visibile si celino chi sa quali oscuri e inaccessibili segreti, o che le azioni umane siano condizionate da tenebrosi complotti, orditi nell’ombra da misteriosi individui.
Se non fosse per questa mia naturale ritrosia, dovrei invece pensare che un astuto nemico di Trump, magari al soldo di qualche suo sfidante democratico, si sia infiltrato nel suo staff, facendosi assumere come consigliere per la comunicazione, con lo scopo occulto di fargli dire, con i suoi famosi tweet, delle scempiaggini tali da alienargli le simpatie di molti suoi potenziali sostenitori, senza che lui se ne renda conto. Come giudicare altrimenti la sua recente uscita contro le quattro deputate del Partito Democratico, colpevoli di posizioni ostili rispetto all’attuale governo statunitense e allo Stato d’Israele, le quali (in quanto non WASP, pur essendo nate, tre di loro, in America) sarebbero state carinamente invitate a levarsi dai piedi, tornando “nei posti totalmente guasti e infestati dal crimine dai quali provengono”. Poi, conclude il Presidente, “potranno tornare e mostrarci come hanno fatto”. Immediata, e di grande estensione, la levata di scudi contro l’uscita di Trump, subito accusato di razzismo, sessismo eccetera.
Che dire? Come ho pubblicamente criticato, anche sulle colonne di queste pagine, il Presidente Trump per alcune sue inaccettabili contiguità col suprematismo bianco, per l’egoistica e miope (e, secondo me, molto ‘antiamericana’) rivendicazione dell'”America first”, per le dure posizioni in tema di immigrazione, per il linguaggio da osteria e tante altre cose, così l’ho apertamente elogiato e ringraziato per due importanti e coraggiose scelte assunte, ossia il riconoscimento di Gerusalemme come capitale di Israele e la denuncia dello scellerato accordo sul nucleare iraniano. A questi due ringraziamenti, ne aggiungo un terzo, per il riconoscimento della sovranità israeliana sul Golan. Quanto al caso in questione, mi sono andato a leggere alcune delle dichiarazioni rilasciate su Israele dalle quattro incriminate. In almeno due casi, la mia indignazione è superiore a quella di Trump. Le signore hanno detto cose ripugnanti, e saperle deputate della più importante democrazia del mondo è cosa che suscita grande tristezza e preoccupazione. E, da fanatico filo-israeliano, anch’io ho sentito una vocina, dentro di me, che mi suggeriva delle reazioni di tipo ‘trumpista’. Ma l’ho subito zittita. Mai, mai e poi mai avrei espresso la mia riprovazione nei termini del Presidente. Mai, mai e poi mai sarei stato a guardare qual è il Paese di origine delle signore, per collegare a tale dato di fatto la mia condanna. Ci sono degli americani, così come degli italiani (e perfino degli israeliani) che dicono cose simili, pur avendo la pelle bianca come il latte, e non credo che ciò rappresenti una scusante. Sarò buonista, progressista, comunista e cose del genere, ma sono fatto così, e non ho alcuna intenzione di cambiare. E ho sentito perciò un’altra vocina, molto più forte dell’altra, che mi suggeriva di solidarizzare con le quattro signore, indipendentemente da cosa abbiano detto. Ma ho zittito anche questa, sia pure con maggiore sforzo. Se il consigliere di Trump era al soldo dei democratici, o degli antisionisti, con me, quindi, non ha funzionato. Ma capisco bene che possa avere avuto successo con altri. E, nello scorrere i contenuti di alcune delle denunce espresse contro le parole del Presidente – pronunciate anche da alcuni sicuri amici di Israele -, sembrerebbe che la ‘trappola’, se fosse stata davvero tale, avrebbe funzionato.
Ma, in realtà, non c’è stata nessuna trappola, nessun complotto, non c’è niente ‘dietro’, e la strategia di Trump – che certo non è stupido – è chiara, ed è sempre la stessa. Radicalizzare ed estremizzare lo scontro, spingere la gente a schierarsi con nettezza in uno dei due campi in lotta, che sono solo due, dai confini ben definiti, e assolutamente invalicabili. Da una parte gli “americani-americani”, bianchi e biondi, tra cui anche tutti i “filo-israeliani”, dall’altra “il resto del mondo”, con gli americani di dubbio pedigree e tutti gli odiatori dell’America e di Israele. In mezzo, il nulla, e chi non si schiera parteggia, in pratica – in uno scontro finale tra il bene e il male -, per il nemico.
Che brutta gara, che triste partita.

Francesco Lucrezi

(31 luglio 2019)