Gerusalemme immersa nel cinema
È una lunga immersione cinematografica che aprendo al mondo conduce nel cuore della scena israeliana. Fino a domenica il Jerusalem Film Festival porta in scena oltre duecento film da Israele e sessanta paesi, fra cui i vincitori dei festival di Berlino, Venezia e Sundance. E come sempre, accanto ai film il programma prevede incontri con i filmaker, workshop, feste e performance. I vincitori delle dieci competizioni si aggiudicheranno nel complesso quasi un milione di shekel.
La sezione israeliana è varia come sempre. Si va da Born in Jerusalem and Still Alive di Yossi Atia e David Ofek, commedia dark su un giovane improvvisatosi guida turistica nei luoghi degli attentati al dramma di Chained di Yaron Shani, già presentato a Berlino, storia di un ufficiale di polizia accusato di molestie sessuali; dalla commedia esistenziale di Gur Bentwich Peaches and Cream su un regista capace di regalare una notte indimenticabile al suo eccentrico cast a That’s the Way You Love di Limor Shmila che affonda l’obiettivo su una coppia in crisi dopo la nascita del figlio. In competizione anche The Day After I’m Gone di Nimrod Eldar, anche questo già visto a Berlino, su un padre di mezza età costretto ad affrontare il dramma del suicidio della figlia adolescente.
Mai ricca come quest’anno la sezione Jewish experience. In programma Tramonto di Laszlo Nemes, il regista ungherese Oscar per Il figlio di Saul che questa volta esplora, nella vicenda della giovane Iris Leitner, i mesi che precedono la prima guerra mondiale; Die Kinder der Toten di Kelly Copper e Pavol Lisk, basato sul monumentale romanzo del Nobel Elfried Jelinek; Heimat is a Space in Time di Thomas Heise, che con materiali d’archivio illumina la vicenda della sua famiglia sul fondale della storia tedesca; M di Yolande Zauberman, esplorazione del mondo ortodosso di Bnei Berak con gli occhi di un giovane che ha scelto di lasciarlo e Ask Dr. Ruth di Ryan White, documentario dedicato alla straordinaria esperienza di Ruth Westheimer, sopravvissuta alla Shoah dove ha perduto i genitori e diventata la più celebre sessuologa americana (il titolo del film è anche quello del suo popolare programma radiofonico).
Il festival onora inoltre Amos Guttman, uno dei più importanti filmaker della sua generazione, morto di Aids nel 1993, con la presentazione della versione restaurata di Bar 51. Il film intreccia le storie di due fratelli che lasciano la loro cittadina per Tel Aviv. Qui frequentano bar di second’ordine e l’amore di Thomas per la sorella cresce mentre lei cerca di costruirsi una vita. Il restauro è stato realizzato nell’ambito di un’iniziativa dell’Israel Film Archive alla Cinemateca di Gerusalemme per tutelare grandi opere cinematografiche e renderle accessibili al pubblico.
Le proiezioni si tengono nella storica sede della Cinemateca, nel cinema Lev Smadar, al Teatro di Gerusalemme, in due cinema a Yes Planet e all’aperto al Gan Habonim.
Daniela Gross