Ticketless – Tommaseo

cavaglionLa cartolina di questa settimana viene da Firenze, Lungarno delle Grazie. Una piccola targa quasi cancellata dal tempo ci informa della casa dove morì Niccolò Tommaseo, lo scrittore dell’Ottocento, il collaboratore del Vieusseux, il linguista autore del celeberrimo Dizionario dei sinonimi, il romanziere di Fede e bellezza. Come Manzoni persisteva in lui un sentimento di simpatia verso gli ebrei. C’è una sua pagina che mi torna in mente tutte le volte che mi capita di passare sotto quella targa.
A partire dalla seconda metà del XX secolo per gli ebrei ribadire la propria diversità “nazionale” nell’era del nazionalismo è stata una sfida terribile, i cui rischi non furono bene calcolati da quanti persistevano a considerare l’ebraismo un corpo separato dal resto della società. Quanto fosse rischioso, forse anche sbagliato farlo, lo pensavano i grandi vecchi che ricordavo nella mia cartolina della settimana scorsa. Il diritto ha i suoi naturali tempi di maturazione. Il rispetto e la tutela delle diversità (non solo religiose, anche linguistiche) erano nel XIX secolo una pura utopia. Tommaseo però era dalmata, veniva da una terra le cui identità multiple possono essere comparate alla diversità più diversa delle altre che è l‘ebraismo. Niccolò Tommaseo fu il solo, che io sappia, a tessere, addirittura nel 1848, l’elogio di quell’elemento per cui il nazionalismo di fine secolo avrebbe messo gli ebrei sotto accusa: che si potesse essere «cittadini di tre patrie com’essi erano, quella originaria in Palestina, quella dove vivevano (seppero essere insieme Israeliti e italiani, Israeliti e francesi) e al tempo stesso la comunità israelitica sovranazionale ove rincontravano, infelici, compatrioti e fratelli». Quanta lungimiranza nel respiro universale di quell’uomo dotto! Nessuna accusa di doppia nazionalità, di complotti sovranazionali, di antipatriottismo, nelle parole di un uomo, che ricordava i vantaggi della nazionalità composita.

Alberto Cavaglion