Libertà va cercando, ch’è sì cara…
Dedico questa mia riflessione sulla problematica libertà del mondo attuale alla memoria di Daniela Misul, Presidente della Comunità Ebraica di Firenze che ben sapeva come la pratica della libertà non possa non essere coniugata con quella della convivenza e dell’accoglienza.
Se proviamo ad alzare lo sguardo dal misero e inquietante panorama politico di casa nostra (una crisi di governo al buio col rischio di isolamento europeo, la prospettiva realistica di un esecutivo di destra all’indomani di un eventuale voto), non possiamo purtroppo tirare grandi sospiri di sollievo guardando all’attuale panorama mondiale. Democrazia e libertà, inscindibile binomio fautore di progresso sociale e garanzia di civiltà, non sembrano godere di buona salute in giro per il pianeta. Ciò che preoccupa è che a mandare in crisi i diritti democratici e la salvaguardia della libertà sono in prima istanza alcuni tra gli Stati più potenti e influenti a livello politico, economico, strategico.
A dominare i mercati e di riflesso la scena politica internazionale è sempre più la Cina di Xi Jinping, certo capace di coniugare sviluppo capitalistico e sistema comunista in vista di un crescente benessere sociale complessivo, ma anche di comminare migliaia di condanne a morte in un anno, di istituzionalizzare un efficiente sistema di campi di detenzione per milioni di suoi cittadini, di reprimere con forza le sue minoranze religiose particolarmente nel Tibet buddhista e nel Xinjiang musulmano dove è in corso un’ imponente operazione di de-islamizzazione per cancellare storia, cultura, lingua e origini dell’intero intero popolo Uiguri. E’ di questi mesi, poi, l’appoggio silenzioso ma palese di Pechino alla violenta repressione del movimento democratico che sta sviluppandosi ad Hong Kong.
Se ci spostiamo a nord/nord-ovest incontriamo la sterminata Russia di Vladimir Putin, altra personalità carismatica tra i politici del nostro tempo. La metamorfosi del gigante sovietico – col suo colossale apparato repressivo – nella realtà russa di oggi è per molti aspetti evidente. Ma il paese moderno che dialoga con l’Occidente rivela vasti tratti di stretta parentela col centralismo autoritario del regime comunista. Giornalisti scomparsi ed eliminati, spie avvelenate, finanziamenti occulti a partiti filorussi europei (il caso Metropol/Lega docet) sono espressioni di un linguaggio molto simile a quello del vecchio KGB. La strenua opposizione politica al verticistico modello-Putin (questa sì realtà veramente nuova, espressione di una consistente base popolare democratica) viene disarmata in modo repressivo dalle forze dello Stato, che dunque apertamente si oppone alla tutela delle libertà fondamentali.
Fin qui niente di nuovo, si dirà. Cina e Russia sono regioni che mai hanno conosciuto nel corso della loro storia fasi di autentica democrazia e di vera libertà individuale. Forse solo i soviet della primavera/estate del 1917 – dopo la rivoluzione di febbraio e prima di quella bolscevica di ottobre – hanno concesso ai lavoratori russi una fuggevole apparenza di democrazia diretta. Per il resto, in entrambi quei territori sconfinati si è realizzato il traumatico passaggio da un impero ancien régime a un impero autocratico-burocratico. Dal punto di vista storico e sociale è naturale che la pratica autentica della libertà vi fatichi a decollare, per quanto le influenze della cultura occidentale si facciano sentire da tempo. E’ comunque sintomatico che entrambi questi regimi non siano portati a nascondere più di tanto la loro politica autoritaria, connessa anzi da vicino a una radicata concezione del potere statuale. Come del resto è sintomatico che marcato autoritarismo, sviluppo tecnologico avanzato e pragmatico efficientismo marcino qui strettamente congiunti.
Quel che più inquieta è che anche negli Stati nati come baluardo delle libertà e dei diritti si creino delle situazioni difficili o si aprano prospettive incerte per la vita democratica dei cittadini. Gli U.S.A. sono fin dalla loro nascita e restano un punto di riferimento della liberaldemocrazia. Ma certo l’aggressività economica e politica di Trump non giova alla vita del sistema democratico americano: le chiusure impietose all’immigrazione latino-americana, l’impulso a una crescente circolazione di armi senza vincoli di sorta, l’atteggiamento quasi fatalista di fronte all’incremento esponenziale del terrorismo suprematista pervaso di razzismo e e antisemitismo non sono buoni auspici per la vittoria dei principi di libertà. Quanto all’altro caposaldo della democrazia mondiale, la Francia, anche le sue strutture per ora reggono; ma sono messe a dura prova dal populismo dei gilets jaunes e dai loro demagogici obiettivi, mentre da tempo pesa sul Paese la minaccia nazionalista/neofascista del Rassemblement National di Marine Le Pen. Anche qui populismo e sovranismo si mescolano, si travestono da democrazia falsandone i presupposti e gli aspetti fondamentali. La Gran Bretagna è avvitata ormai da molti mesi nella difficile crisi della Brexit a cui l’hanno portata i populisti locali: non metto certo in discussione la forza della libertà politica e civile là dove essa è nata, appunto in Inghilterra; ma il prezzo da pagare per il distacco dall’Unione Europea potrà essere alto anche in termini di garanzie individuali. Conosciamo poi bene i rischi che vengono da una serie di nazioni dell’Europa centro-orientale (Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria) che hanno scelto un modello politico sovranista, cioè marcatamente anti-europeista, fortemente centralistico, spiccatamente opposto ai migranti e tendenzialmente dittatoriale; le libertà individuali e i diritti democratici sono qui molto fragili, vincolati al volere del capo carismatico (l’ungherese Viktor Orbàn, per esempio) e del partito dominante. E l’Italia? Non sembra purtroppo anch’essa avviata a entrare nel club di Visegràd e a patirne le conseguenze?
A spaventare sono la rapidità e la relativa facilità di questa progressiva erosione della sostanza liberaldemocratica del mondo contemporaneo. È come se, assuefatti superficialmente alla libertà e ai frutti della democrazia, considerassimo orpelli sottintesi e non essenziali quelle che sono state invece preziose e difficili conquiste, e non ci rendessimo conto di quanto esse siano irrinunciabili.
David Sorani