TuBeav, una festa che parla d’amore

Il 15 di Av, che quest’anno cade il 16 agosto, nella tradizione ebraica è una festa ancora poco nota al di fuori d’Israele: “Tu Beav”, e’ considerata la festa dell’amore, dei fidanzamenti e della gioventù. Le sue radici sono bibliche e veniva celebrato ai tempi del Santuario per poi rimanere a lungo dimenticato.
La festa è citata esplicitamente nella Mishnah: “Per Israele non esistevano giorni più lieti del 15 di Av e del giorno di Kippur, in cui le fanciulle di Gerusalemme uscivano con abiti bianchi presi in prestito per non far arrossire le più povere. Tutti i vestiti andavano sottoposti al bagno di purificazione. Le fanciulle di Gerusalemme uscivano a danzare nelle vigne. E che cosa dicevano? ‘Giovane, alza i tuoi occhi e guarda bene quello che scegli. Non posare gli occhi sulla bellezza, ma bada alla famiglia. Cosa falsa è la grazia; vanità è la bellezza. Solo la donna temente di Dio è degna di lode’ (Prov. 31,20 – Ta’anit IV, 7)”.
Tu Beav cade tra Tisha Beav, un momento di lutto e riflessione per ricordare la distruzione del Tempio, e l’inizio delle principali festività ebraiche: è quindi un giorno che simbolicamente fa da ponte tra la distruzione e rinnovamento. “È una festa gioiosa, – sottolinea la Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni – poco celebrata nella Diaspora ma che in Israele ha trovato nuova vita, con eventi organizzati in tutto il paese, nelle case degli israeliani come in piazza”. Secondo alcune fonti, la festa corrisponde alla celebrazione annuale del giorno in cui venne rimosso il divieto di sposarsi fra appartenenti a tribù diverse o del giorno in cui cessò il divieto di sposare le figlie della tribù di Beniamino. Da qui, il legame con il tema dell’amore.
Come spiega rav Yisrael Meir Lau, rabbino capo di Tel Aviv e già rabbino capo ashkenazita d’Israele, ci sono diversi eventi positivi collegati a Tu Beav. Il 15 di Av corrisponde, ad esempio, all’espiazione del peccato degli “esploratori”. La storia è nota: dieci dei dodici esploratori mandati da Mosé in avanscoperta in Eretz Israel, tornarono dalla missione dicendo che era una terra impossibile da conquistare e scatenarono il panico tra il popolo. A seguito di questo incidente, il Signore decretò che la nazione ebraica sarebbe rimasta nel deserto per 40 anni, e che a nessuna persona di 20 o più di 20 anni uscita dall’Egitto sarebbe stato permesso di entrare in Israele. “Ogni Tisha BeAv in quei 40 anni – ricorda rav Lau – chi aveva raggiunto l’età di 60 anni morì: 15.000 ogni Tisha BeAv”. Quando si avvicinò l’ultimo dei quaranta 9 di Av passati nel deserto, gli ultimi 15mila si prepararono alla morte. Arrivata la data però non accadde nulla, così pensarono di aver sbagliato il conteggio. Aspettarono un altro giorno, e un altro ancora fino a quando apparve la luna piena in cielo: allora si resero conto che era il 15 del mese di Av, Tisha B’Av era passato e il Signore non li aveva puniti con la morte. Anzi aveva perdonato dal peccato degli esploratori il suo popolo, che istituì il 15 di av come giorno di festa.
Rispetto al ruolo delle donne, su Pagine Ebraiche rav Luciano Caro proponeva invece un’interpretazione significativa di Tu Beav. “Si è visto che il 15 di Av le fanciulle uscivano a ballare, presumibilmente in cerchio, vestite di bianco. Il termine ‘Av’ designa un mese dell’anno ebraico, ma è composto dalle prime due lettere dell’alfabeto: Alef Bet. Da notare che nell’alfabeto ebraico la quindicesima lettera è la Samekh, che ha la forma di un cerchio ed evoca pertanto la danza in circolo, nella quale tutti i danzatori si possono guardare l’un l’altro e si trovano tutti in situazione di uguaglianza”. Un bel modo per rivendicare una volta di più l’uguaglianza delle donne con l’aiuto della tradizione e in un giorno di gioia dedicato agli innamorati. In Israele, in Italia, come in tutto il mondo.
E può essere anche un modo per riscoprire le proprie radici, ricorda la presidente UCEI. Per chiedere ai propri genitori o nonni come si sono incontrati, come le loro storie si siano intrecciate. Alcune emittenti israeliane hanno scelto questa strada facendo parlare figli e nipoti che riportano alla luce teneri spaccati famigliari: c’è chi racconta della nonna che si innamorò del nonno ascoltandolo alla radio raccontare di Torah; chi, attraverso delle lettere di 30 anni prima alla madre e i social network oggi, è riuscita a rintracciare il padre costretto a rimanere in un villaggio in Etiopia e di cui si erano perse le tracce dopo la prematura scomparsa di lei; chi riscopre la figura del nonno, mai conosciuto, tramite le missive – in italiano – scritte alla moglie e in cui, a pochi giorni dalla Guerra dei sei giorni, chiede delle sue scarpe militari. Piccole finestre sul passato dei singoli che raccontano i tanti volti d’Israele: lingue diverse che si intrecciano in un unico paese, parlando d’amore e d’affetto. E come scrive la cantante Naomi Shemer nella sua Tilbeshi Lavan – Vesti in bianco – citando il testo del midrash su Tu Beav: “Quest’estate vesti in bianco/ Immagina pensieri luminosi / Potresti ricevere una lettera d’amore / Forse faremo delle scelte / Io sceglierò te e tu sceglierai me”.