YouTube e il successo
dei populismi

Viviana KasamÈ ormai noto che i russi hanno influenzato tramite i social le elezioni europee, e che Salvini, Trump e Brexit hanno avuto successo anche grazie a campagne pilotate da chi ha tutto l’interesse a indebolire l’Europa.
Ma c’è un altro nemico delle nostre democrazie, più subdolo e forse più pericoloso. Un nemico che non ha – o almeno pare non avere – un obiettivo politico, ma solo uno scopo economico. YouTube.
Secondo una inchiesta molto documentata del New York Times, l’elezione in Brasile di Jair Bolsonaro, figura molto marginale nella vita politica del Paese, sarebbe stata facilitata dai nuovi algoritmi del sito web, algoritmi studiati con lo scopo di tenere inchiodati allo schermo gli utenti per il maggior tempo possibile. Come? Suggerendo ogni volta che si guarda un video altre scelte che potrebbero interessare. I suggerimenti vengono selezionati da un potentissimo sistema di intelligenza artificiale che impara rapidamente i gusti degli utenti e li accoppia con raccomandazioni basate su altri utenti con gusti simili.
Questo rende facile da parte di populisti dalla parlantina carismatica, come Bolsonaro, attrarre pubblico impreparato tramite slogan semplici e diretti, rivolti a fomentare sentimenti di rabbia, paura, insoddisfazione.
Una ricerca dell’Università Federale del Minas Gerais ha evidenziato come in Brasile, la quarta democrazia al mondo in termini numerici, i canali di estrema destra abbiano riscontrato una crescita esponenziale dopo il cambiamento dell’algoritmo di YouTube che suggerisce le raccomandazioni agli utenti. Dato confermato dal Berkman Klein Center dell’Università di Harvard, che insieme alla National University di Taiwan ha messo al lavoro un team di ricercatori con il compito seguire migliaia di volte le raccomandazioni di YouTube. Il risultato: YouTube, almeno in Brasile, tende a favorire i canali di estrema destra e le teorie complottistiche, mettendo insieme canali prima marginali, ai quali dà una identità e per i quali crea un pubblico su misura. L’unione fa la forza, anche sui social.
Si parte da una ricerca iunnocua, e senza accorgersene si scivola nella radicalizzazione.
Emblematica la storia di Matheus Dominguez, un musicista di 16 anni, che cercava video per praticare la chitarra on line. E al quale YouTube suggerì il video di un musicista dilettante, ma molto agguerrito in politica, che in breve gli cambiò la visione del mondo, attraverso il ben noto mix di teorie complottistiche, razziste e antifemministe. Di questa comunità di estrema destra Bolsonaro era ed è la stella polare: e in Brasile YouTube è guardato più di tutti i canali televisivi, tranne uno. Gli stessi attivisti di estrema destra ammettono che senza YouTube il movimento non avrebbe avuto la crescita esponenziale che lo ha portato al potere.
Ovviamente la direzione di YouTube contesta queste ricerche e sostiene che contraddicono le loro statistiche internazionali. Ma ha rifiutato di condividere i propri dati con i giornalisti del New York Times. L’appeal delle piattaforme di estrema destra non ha solo matrice politica. La formula, che porta al successo i politici di estrema destra, o comunque populisti che distruggono il sistema-Paese, nasce da un mix di fake news allarmanti e dalla promessa di verità segrete che tengono gli utenti letteralmente incollati al video e creano la inebriante sensazione di far parte di un gruppo di eletti che conosce la realtà meglio della massa degli stupidi, manipolati dalla multinazionali e da interessi economici inconfessabili. Si cercano perciò capri espiatori indicati come burattinai del Male (in Brasile all’attivista antiaborto Debora Diniz è stata oggetto di una virale campagna di odio e di minacce di morte, in Europa basta pensare a George Soros), si ridicolizzano gli scienziati, montando campagne contro le vaccinazioni o mettendo in crisi gli sforzi del precedente governo brasiliano per combattere l’epidemia di Zika, una vera e propria emergenza nazionale in America Latina.
Quanto YouTube ha contribuito anche fuori dal Brasile alle manifestazioni di odio, intolleranza, terrorismo di matrice islamica, boicottaggio di Israele?
L’inchiesta del New York Times non allarga la ricerca ad altri settori e ad altri Paesi, ma credo varrebbe la pena di studiare il fenomeno in modo approfondito, e cercare di creare gli antidoti a quello che, finora, è stato considerato un innocente passatempo on-line e che invece si sta rivelando, come altre piattaforme social, un vero e proprio pericolo per la democrazia e la società civile.

Viviana Kasam

(19 agosto 2019)