Ultimi gli ebrei
“America first” (Trump), “Prima gli italiani” (Salvini). Ne prendo atto, anche se vi sono differenze contestuali. Ad esempio, il diritto dell’UE prevale sulle norme nazionali e, in caso di contrasto, queste ultime debbono essere disapplicate. Ne consegue che, al posto di “Prima gli italiani” potremmo proclamare “Prima l’Italia”, cercando che l’Italia sia ai primi posti o, auspicabilmente, addirittura al primo posto in Europa e nel mondo.
Sennonché, rilevo in ambito ebraico un indirizzo del tutto opposto perché, a fronte della solidarietà, doverosa, con le minoranze etniche e di ogni altro tipo, il riferimento agli ebrei riguarda il passato anziché il presente. Facciamo riferimento alla definizione di antisemitismo dell’IHRA. Il 16 Marzo scorso si leggeva sul sito parlamentare del M5S: “I crescenti episodi di antisemitismo nel nostro Paese e in Europa destano molta preoccupazione e sdegno. È urgente che anche l’Italia, come già altri paesi europei hanno fatto, adotti immediatamente la definizione di antisemitismo diffusa dall’International Holocaust Remembrance Alliance – IHRA. Lo ha dichiarato Paolo Lattanzio, portavoce del MoVimento 5 Stelle alla Camera dei Deputati, in una interrogazione parlamentare rivolta al ministro per le .Attività e per i beni culturali, Alberto Bonisoli”.
Eppure, nulla si è ottenuto, malgrado l’esistenza di un mondo istituzionale ebraico corredato da un secondo mondo associativo ebraico. Il perché è presto detto; per timore di apparire come portatore di propri interessi, si subordinano le istanze dell’ebraismo a tutte le altre. Questo si è pure detto, laddove il linguaggio è stato tanto felpato quanto chiaro: “siate aperti”. Difendere, come tutti, il proprio diritto all’incolumità morale e materiale ci renderebbe chiusi e, di conseguenza, antipatici. Era la stessa alternativa degli anni trenta; come è andata a finire?
Emanuele Calò, giurista
(21 agosto 2019)