Giovani ebrei
Molte associazioni e molti partiti hanno al loro interno una sezione giovanile. Le comunità ebraiche italiane ne hanno avute diverse nel secondo dopoguerra. Per semplificare si potrebbero elencare la FGEI, il Dor Emshech e altre più legate al rapporto con Israele come gli Zofìm e poi il Bené Akiva e l’Hashomer Hatzair. E infine, da un ventennio circa, l’UGEI. Molte di queste esperienze hanno prodotto interessanti periodici a stampa che sono stati il frutto dei diversi momenti storici in cui sono stati realizzati. Particolari visioni identitarie, differenti gradazioni di impegno sociale e politico, a seconda dei momenti. La Fondazione CDEC possiede la collezione quasi completa del periodico Hatikwa (scritto dai giovani della FGEI negli anni ‘60 e ‘70 ma ancora oggi vivo in versione online) e sta lavorando per la sua digitalizzazione e pubblicazione sul portale web. Altri fogli periodici potrebbero essere ugualmente catalogati e digitalizzati. Dalla loro lettura sono ben visibili le grandi trasformazioni che hanno caratterizzato la società italiana e la stessa comunità ebraica nelle sue diverse sensibilità. Per ogni periodo la generazione giovanile ebraica ha lottato con determinazione per mantenere una sua autonomia rispetto alla dirigenza comunitaria. Una lotta senza fine, in un’Italia in cui chi è stato giovane una volta si sente investito del suo ruolo per tutti gli anni a venire, tentando in ogni modo di influenzare e fare pressioni sulle nuove giovani generazioni che avanzano. Sarebbe bello che lasciassimo fare i giovani ai giovani, senza dare loro suggerimenti non richiesti. Lo so, in Italia in particolare questo sembra essere un comportamento impossibile. In un Paese in cui chi ha fatto il ‘68 è stato per sempre rivoluzionario (e, lui sì, veramente giovane!) nei decenni successivi, comprimendo le pulsioni di chi seguiva, è complicato trovare donne e uomini adulti che lascino veramente alle giovani generazioni una libertà di organizzazione e di espressione culturale e politica. Per non dire del paese in cui le “chat delle mamme” organizzano la vita dei ragazzi e delle ragazze fino e forse oltre i trent’anni. Lasciamoli fare, i nostri ragazzi. Hanno la testa sulle spalle, fanno i loro errori (chi non ne ha compiuti), e provano a districarsi in questo mondo sempre più complicato. Senza le nostre pressioni staranno di sicuro meglio, saranno più liberi, e magari ci aiuteranno a leggere meglio i cambiamenti che stiamo vivendo.
Gadi Luzzatto Voghera, Direttore Fondazione CDEC
(23 agosto 2019)