Israele verso le elezioni di settembrecon il rischio di un nuovo stallo
Mentre in Italia un accordo di governo tra Partito Democratico e Movimento Cinque Stelle appare la via d’uscita più probabile alla crisi, in Israele le elezioni sono ormai imminenti.
A tre settimane dal voto il grande interrogativo aperto gravita attorno a chi riuscirà veramente a rompere gli equilibri e formare una coalizione di governo. Il rischio verosimile è che dalle urne, il 17 settembre, non esca nessun vincitore come è accaduto ad aprile: gli ultimi sondaggi danno infatti i due principali contendenti, il Likud del Premier Benjamin Netanyahu e Kachol Lavan del generale Benny Gantz in sostanziale equilibrio. 32 seggi il primo, 31 il secondo, e risulta difficile capire quali alleanze potrebbero portare uno dei due a formare la maggioranza.
La Lista unita, composta dai quattro partiti a maggioranza araba, mantiene la sua posizione di terza forza alla Knesset – nei sondaggi dell’emittente Kan – con 11 seggi. Dietro: Yamina, un’ampia unione di destra guidata dall’ex ministro della giustizia Ayelet Shaked (10 seggi) – e Yisrael Beitenu di Avigdor Lieberman (9). A pari merito i due partiti haredi Yahadut HaTorah e Shas con 7 seggi ciascuno. Sette anche il numero di seggi dell’unione tra i laburisti e la piattaforma Gesher: un passo avanti rispetto alle proiezioni precedenti e qualcosa in più rispetto ai disastrosi sondaggi di alcuni mesi fa che davano lo storico partito della sinistra israeliana addirittura con un piede fuori dalla Knesset. Rimanendo a sinistra, l’Unione Democratica, guidata da Nitzan Horowitz di Meretz, l’ex laburista Stav Shaffir e l’ex primo ministro Ehud Barak, ha perso lo slancio iniziale e si attesta attorno ai 6 seggi. Il partito kahanista Otzma Yehudit così come Zehut sono dati sotto la soglia elettorale del 3,25%, un danno per il Premier Netanyahu che ha lavorato in questi per unire la destra, anche quella più oltranzista. Otzmah Yehudit peraltro non potrà contare su due delle sue figure di spicco: Benzi Gopstein e Baruch Marzel non potranno infatti presentarsi alle urne per decisione della Corte Suprema israeliana. I giudici hanno escluso Gopstein e Marzel per aver incitato al razzismo contro gli arabi. Gopstein è anche conosciuto come il capo dell’organizzazione anti-assimilazione Lehava, che cerca di prevenire i matrimoni tra ebrei e non ebrei e scoraggia l’assunzione di palestinesi e altri arabi.
Tornando agli equilibri generali, nessuno sembra avere le carte per formare la coalizione: il blocco di destra, insieme ai partiti haredi – stando ai sondaggi – riceverà solo 56 seggi, mentre il blocco di centro-sinistra 44, o 55 con la presenza del partito arabo. Nuovamente dunque Avigdor Lieberman, leader di Israel Beitenu, avrebbe in mano il pallino del gioco come accaduto ad aprile: in queste settimane ha più volte dichiarato di auspicare un governo di unità nazionale con Likud e Kachol Lavan. Il suo obiettivo, spiegano diversi analisti, è quello di diventare il successore di Netanyahu, visto al tramonto della sua carriera politica. Una scommessa politica che potrebbe pagare ma che si scontra con un Likud compatto dietro a Netanyahu.