Il giorno di Rousseau
L’ultimo ostacolo per la nascita del Conte Bis. È il giorno di Rousseau, con gli iscritti alla piattaforma privata gestita dal Movimento Cinque Stelle che dovranno dire sì o no all’alleanza di governo con il Partito Democratico. L’annuncio dato ieri da Luigi Di Maio, secondo il quale non esisterebbe più un “problema vicepremier”, ha messo intanto in discesa la strada per l’accordo. “Non era scontato. Per tutto il giorno, e per quelli a ritroso, Di Maio ha provato a resistere. Asserragliato nella sua ridotta governista – scrive Repubblica – ha tentato in ogni modo di far saltare l’accordo, a dispetto dei santi e di Beppe Grillo”. Sottolinea il Corriere: “La rinuncia di Di Maio a tornare a Palazzo Chigi con i galloni da vicepremier accelera, salvo sorprese ancora possibili, la nascita del nuovo governo. Giuseppe Conte potrebbe salire al Quirinale domani, o persino stasera, per sciogliere la riserva”.
La Stampa fa il punto sulle tensioni degli ultimi giorni tra Israele ed Hezbollah. La principale preoccupazione del governo di Gerusalemme, viene spiegato, sono i missili ad alta precisione in dotazione al gruppo terroristico.”La situazione – si legge – è stata riassunta con una battuta da un ufficiale: ‘Fra poco Hezbollah sarà in grado di recapitare un missile a un indirizzo preciso in tutta Israele’. Questo perché l’ala militare del Partito di Dio sarebbe già in possesso di ‘alcune decine’ di ordigni, ‘con un margine di errore di soli 10 metri’, quindi in grado di colpire un edificio prescelto senza sbagliare”.
Ha chiesto asilo alla Germania il judoka Saedi Mollaei, semifinalista ai Mondiali di Tokyo, cui la federazione iraniana aveva chiesto di perdere per non correre il rischio di incontrare in finale l’israeliano Sagi Muki, poi vincitore del titolo. “Il judo ha aperto una procedura disciplinare contro l’Iran che nega le minacce. Ma tutti – racconta La Stampa – hanno sentito il telefono squillare a ripetizione, hanno visto gli uomini dell’ambasciata e ascoltato le parole di chi ha costruito, un minuto dopo l’altro, un precedente”.
Scuote il mondo del calcio l’intervento di Romelu Lukaku, il bomber dell’Inter vittima di buu razzisti a Cagliari che ha invitato l’ambiente ad impegnarsi in modo corale e incisivo per arginare la minaccia dell’odio sugli spalti. Scrive la Gazzetta dello Sport: “Al nuovo attaccante dell’Inter, arrivato da un Paese, l’Inghilterra, dove episodi di razzismo ci sono ma vengono stangati, innanzitutto dalle stesse società, che bandiscono a vita i propri sostenitori razzisti, sono bastate due partite per scoprire cosa è stato fatto in Italia sul tema. E cosa non sarà fatto oggi, quando il giudice sportivo, in assenza di segnalazioni dagli arbitri, dagli ispettori federali e dai funzionari di polizia, difficilmente andrà oltre un’ammenda per il Cagliari”.
Da oggi in edicola con il Corriere il saggio L’Europa in fiamme, di Silvia Morosi e Paolo Rastelli, che prende in esame non solo i fatti specifici della Seconda guerra mondiale, ma anche le responsabilità di chi gradualmente contribuì a portare l’intero continente sul precipizio. “Nel momento in cui la politica estera di parte della classe dirigente italiana sembra aver perso ogni orientamento che non sia la ricerca affannosa del consenso interno – si legge – quella follia del passato, pagata a così caro prezzo, induce a riflettere sugli effetti nefasti che può avere la tentazione di scherzare con il fuoco sullo scenario internazionale senza avere i mezzi per spegnere l’incendio, se dovesse scoppiare”.
In uscita il nuovo libro di Mirella Serri, Gli irriducibili (ed. Longanesi), dedicato alle storie di alcuni antifascisti in lotta contro il regime. Tra loro alcune figure storiche dell’ebraismo italiano. “Serri – anticipa La Stampa – ricostruisce le storie, descrive la vita quotidiana degli esuli con il passo di un romanzo e si addentra con fini indagini psicologiche nel carattere dei personaggi”.
“L’amore (non corrisposto) degli ebrei per la sinistra”. È il titolo di un articolo di Fiamma Nirenstein sul Giornale, che attacca le scelte politiche di molti ebrei americani, tradizionalmente orientati verso il Partito Democratico. Sostiene la giornalista: “Se Donald è vicino a Israele per molti scatta il meccanismo di rifiuto: non è radical chic”.
Adam Smulevich twitter @asmulevichmoked
(3 settembre 2019)