Il calcio contro il razzismo
“Necessario un segnale netto”
Che sia la svolta tanto attesa? È un interrogativo che si fa strada, in attesa di risposte certe che potranno arrivare soltanto dai fatti.
Romelu Lukaku, il campione dell’Inter vittima di buu razzisti da parte della tifoseria del Cagliari, ha invocato un’azione incisiva e corale da parte del mondo del pallone. “Il calcio è un gioco amato da tutti e non dovremmo accettare alcuna forma di discriminazione che possa provocare vergogna nel nostro sport. Noi calciatori – il suo sfogo, poche ore dopo la partita – dobbiamo essere uniti e prendere una posizione, per far sì che il calcio resti un gioco pulito e divertente per tutti”. Parole che, anche per via della grande popolarità del centravanti belga fresco di arrivo nel nostro campionato, hanno fatto in pochi minuti il giro del pianeta. Numerose le dichiarazioni che sono seguite, anche in Serie A. Tra le più reattive la Lega, che ha subito annunciato: “A ottobre sarà lanciata un’iniziativa, a livello nazionale e internazionale, che coinvolgerà le 20 squadre di Serie A, con l’obiettivo di sensibilizzare tutte le tifoserie”. Ad ogni club sarà chiesto di individuare un proprio calciatore, che entrerà a far parte della “Squadra contro il razzismo”. Un testimonial che, viene annunciato, “si farà portatore dei valori del rispetto e dell’uguaglianza”.
La proposta sta suscitando apprezzamenti. Ma è bene andarci con i piedi di piombo, memori dei fallimenti passati quando si è trattato di debellare sul serio questo problema, manifestatosi nelle prime giornate di campionato attraverso diverse modalità: il razzismo territoriale contro il Napoli a Firenze, ad esempio; ma anche i cori antisemiti con tanto di saluti romani prima del derby tra Roma e Lazio.
“È un fatto significativo che le istituzioni calcistiche decidano di impegnarsi in una sfida drammaticamente attuale, ma troppo spesso sottovalutata, come quella del razzismo che purtroppo ancora oggi infesta le curve degli stadi italiani. Un tema sul quale più volte siamo intervenuti in passato e sul quale siamo intenzionati a tenere la guardia alta anche in futuro, pretendendo la massima severità per i comportamenti discriminatori ripetutamente messi in atto” ha sottolineato la Presidente UCEI Noemi Di Segni, che ha espresso da un canto soddisfazione ma anche fatto presente le attuali mancanze in merito di giustizia sportiva.
“È necessario che il mondo del calcio lanci un segnale netto, chiudendo le porte degli stadi a chi al loro interno vuol portare solo odio e violenza e lavorando al tempo stesso per favorire un’iniziativa efficace anche sul piano educativo e culturale. Uno sforzo – le sue parole – che è rivolto in particolare ai giovani”.
(4 settembre 2019)