Miti e saluti
Che si manifesti con saluti romani chiedendo il rispetto della democrazia mi pare già sufficientemente paradossale: vedere qualcuno che invoca la democrazia in nome di un’ideologia dichiaratamente e orgogliosamente antidemocratica e ripetendo il gesto simbolo di una dittatura se non fosse inquietante sarebbe quasi ridicolo. Ancora più paradossale che quasi tutti sembrino trovarlo normale. Qualche giorno fa a “Radio anch’io” un’ascoltatrice affermava che non c’è niente di male nel ripetere il gesto con cui i nostri antenati romani si salutavano; viceversa la signora puntava il dito contro il gesto comunista del pugno chiuso. Quest’intervento mi ha fatto tornare in mente un’interessante relazione dello storico Andrea Giardina che avevo ascoltato nel 2013 a Venosa dal titolo significativo “L’invenzione di Roma”: molte caratteristiche e abitudini che nel nostro immaginario siamo soliti attribuire ai Romani – spiegava Giardina – in realtà sono invenzioni della propaganda fascista; in particolare il saluto romano è mutuato dal quadro “Il giuramento degli Orazi” di Jacques-Louis David, e pare che sia sostanzialmente una sua invenzione. La mano alzata (ma non con il braccio teso) che si trova in alcune raffigurazioni di epoca romana non sarebbe affatto un saluto ma un gesto augurale.
Al di là delle considerazioni storiche, l’intervento dell’ascoltatrice mi è parso emblematico di un modo di pensare assai diffuso che giudica il fascismo molto meno severamente del comunismo non solo perché ha fatto meno vittime ma anche perché è un’ideologia nata in Italia e non di provenienza straniera. Alcuni anni fa presso certi ambienti non c’era verso di parlare di crimini commessi in Italia dai nazifascisti, nemmeno nei luoghi stessi dov’erano avvenuti, senza sentirsi rispondere che allora avremmo dovuto parlare anche dei crimini commessi dai comunisti in URSS, in Cina, ecc. Inutile cercare di far capire che è normale che in un luogo si ricordi prima di tutto ciò che è accaduto in quel luogo. Oggi mi pare che quest’abitudine a guardare altrove sia un po’ passata di moda, ma, appunto, forse perché l’italianità del fascismo è considerata, se non una cosa di cui andare fieri, per lo meno un’attenuante. Anche questo a mio parere è un paradosso: il saluto romano non può essere considerato accettabile perché si innesta in una (vera o supposta) tradizione italiana; anzi, è un gesto grave (e illegale, piaccia o no a chi lo difende) proprio perché è il simbolo di una dittatura che ha oppresso l’Italia (e, tra le altre cose, è corresponsabile dell’uccisione di migliaia di cittadini italiani); la sua origine italiana non dovrebbe essere considerata un’attenuante ma casomai un’aggravante. E infatti è così per la nostra Costituzione, che vieta la ricostruzione del Partito Fascista e non di altri.
Peraltro è inutile stupirsi più di tanto. In Italia non c’è mai stata una grande coerenza tra ciò che è legale e ciò che è socialmente accettabile: ciò che è illegale (dal saluto fascista all’evasione fiscale) può essere tollerato e magari anche lodato, mentre viceversa può essere considerato scandaloso ciò che invece è perfettamente legale come il gesto del pugno chiuso. E dunque forse non c’è da sorprendersi troppo se qualcuno considera democratico evocare nostalgicamente una dittatura e al contempo proclama antidemocratico un governo che ha la fiducia della maggioranza di un Parlamento eletto dai cittadini.
Anna Segre
(13 settembre 2019)