Parma – Giornata della Cultura ebraica
“Gli ebrei e l’Italia: legame millenario
da raccontare e comprendere” 

giorgio mortaraQuest’anno la Giornata Europea della Cultura Ebraica in Italia vede partecipare oltre ottanta località da nord a sud alle isole. Da quel settembre del 1999 sono passati vent’anni, e questa manifestazione, coordinata e promossa nel nostro Paese dall’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, è cresciuta esponenzialmente, anno dopo anno, diventando un appuntamento ormai consolidato del panorama culturale italiano.
Lo scopo della Giornata, alla quale aderiscono oltre trenta Paesi europei, è far conoscere storia, luoghi e tradizioni di una minoranza presente in Italia da oltre due millenni: una lunga storia di coesistenza, tra periodi bui e altri di straordinaria vivacità culturale. Una minoranza che, quasi inutile sottolinearlo, vive oggi perfettamente integrata e sostanzialmente “in simbiosi” con la società, alla quale dà il proprio contributo in termini di valori, di contenuti, di idee, di cultura.
Spesso, nell’immaginario di molto persone, specie quelle che meno hanno avuto la possibilità di approfondire, l’identità ebraica è immediatamente collegata alla Shoah. Una tragedia che è ovviamente una parte, terribile e molto importante, della storia del popolo ebraico; ma che non esaurisce assolutamente, da sola, l’insieme molto ampio, complesso, fecondo e profondo di valori, tradizioni gioiose e amore per la vita, che sono al cuore dell’ebraismo.
La storia ebraica in Italia, come detto, inizia due millenni prima del fascismo, delle leggi del ’38 e delle deportazioni: secondo gli storici, i primi ebrei in Italia giungono nel 168 prima dell’era corrente.
Accanto al dovere della Memoria, noi vogliamo far conoscere i valori, i principi che hanno permesso la sopravvivenza degli ebrei per 2000 anni nella diaspora e raccontare anche questa storia lunga, le cui tracce e testimonianze sono visibili in gran parte d’Italia, tra antichi quartieri ebraici, sinagoghe, musei, siti archeologici, che oggi in tutta la penisola si aprono ai visitatori all’unisono. Una realtà estremamente composita e di grande interesse, che costituisce un “unicum” di straordinaria rilevanza nel panorama del patrimonio culturale ebraico a livello internazionale.
Un esempio perfetto in questo senso è rappresentato proprio da Parma. Qui vive una piccola ma attivissima Comunità, presente – a fasi alterne – sin dal XIV secolo, la cui Sinagoga potrete visitare oggi insieme al Museo e al Tempio della vicina Soragna; qui a Parma inoltre, come sapete, è conservata, in questa splendida Biblioteca, una delle più importanti collezioni di antichi manoscritti e libri a stampa ebraici del mondo, migliaia di opere che sono un vero tesoro per studiosi. L’Italia stupisce sempre con l’eccellenza del suo patrimonio, delle sue bellezze, della sua cultura, e l’Italia ebraica non fa eccezione.
In questo contesto non posso non ricordare mia zia Luisella Mortara Ottolenghi zl” che docente di storia dell’arte ha studiato le miniature dei codici ebraici del medio evo e del rinascimento qui raccolti, e di recente catalogati grazie a un progetto di collaborazione internazionale con la Biblioteca nazionale di Gerusalemme. Durante quegli studi è iniziata la riscoperta non solo a Parma ma in tutta l’Emilia-Romagna dei frammenti ebraici riutilizzati nelle copertine dei codici medioevali, che in seguito furono oggetto di un programma di ricerca della cosiddetta “Genizà Italiana”, che oggi si rinnova e prosegue con il progetto internazionale “Books within books” a favore della “Genizà Europea”: che oggi in occasione della Giornata europea tiene un Workshop a Ravenna.
A riaffermare la centralità dei libri, della cultura, nella nostra società, solo pochi giorni fa anche il presidente della repubblica Sergio Mattarella, che ha dichiarato come i libri siano stati “vettori di sviluppo e diffusione della cultura nel nostro paese. Una storia di libertà che vuol dire anche confronto, dialogo e apertura di orizzonti”.
Colgo l’occasione per ringraziare la Dottoressa Cirani, nonché tutti gli esperti e gli addetti che si dedicano alla conservazione di questa importante collezione.

Come sapete, il tema di quest’anno è il sogno, e il sotto titolo “I sogni, una scala verso il cielo”, è un richiamo al famoso episodio della Genesi che ha per protagonista il patriarca Giacobbe.
I sogni sono una presenza costante nella storia e nei testi sacri ebraici, a partire dalla Torah, per continuare con il Talmud, con la tradizione mistica e fino ad arrivare a Sigmund Freud, il padre della psicoanalisi, nelle cui opere egli affronta spesso anche tematiche legate all’ebraismo (proprio ottant’anni fa, nel 1939, veniva pubblicato il suo ultimo saggio, “Mosè e il monoteismo”), e che anche sull’interpretazione dei sogni fondò le sue innovative terapie per le nevrosi.
Ma i sogni sono anche intesi come speranze per il futuro: quelle che i padri hanno per i figli, quelle delle tante comunità e famiglie ebraiche costrette a fuggire, nel corso della storia, in cerca di accoglienza e prospettive, quelle che i fondatori del sionismo e poi i pionieri riposero nel ritorno degli ebrei nella patria atavica, Israele.
Accanto al termine sogno, vorrei aggiungere dunque una parola ad esso molto vicina, per certi versi simile: “speranza”, un concetto che attraversa da sempre la vita e la storia del popolo ebraico. È questa parola che dà addirittura il nome all’inno nazionale dello Stato d’Israele, l’Hatikva, massima espressione della speranza millenaria di un popolo, quella di riavere la propria patria, divenuto infine realtà nel 1948.
È da notare un fatto curioso: nella Torah, la Bibbia ebraica, la parola speranza non compare mai.
C’è una ragione di questa curiosa assenza, come è stato spiegato e interpretato dai Maestri. Per l’ebreo, la speranza si esprime con la fiducia in D-o e con il credere nella realizzazione di ciò che ci ha promesso, sia nel bene che nel male. Credere è già il segno del poter sperare in qualcosa, nel mantenimento della promessa fatta da D-o al popolo ebraico. Per far sì che le promesse fatte da D-o si realizzino l’uomo deve impegnarsi a seguire le regole; non esiste fede, non esiste speranza che non sia legata anche ad un fare.
In questo senso, dunque, i nostri sogni non devono rimanere eteree espressioni di una speranza astratta, ma diventare azioni.
Ed è quello che, nel nostro piccolo, come Comunità ebraiche, facciamo costantemente, anche oggi: alimentare la speranza in un domani migliore, in una società migliore, e come minoranza lottiamo affinché ci sia sempre una cultura di minoranza e rispetto della diversità.
Questo tentiamo di fare anche con la Giornata Europea della Cultura Ebraica: agire in modo positivo nella società, affinché si affermino gli ideali di fratellanza tra i popoli, di lotta contro ogni forma di discriminazione, e per una convivenza nella diversità.

La Giornata è una piacevole occasione in cui l’Ucei e le ventuno Comunità ebraiche italiane fanno, all’unisono, un grande sforzo organizzativo, in stretta e virtuosa collaborazione con Enti locali e associazioni attive sul territorio, allestendo un “festoso appuntamento nazionale” che ci auguriamo possa rendere gradevole e interessante questa domenica di inizio settembre per tante persone.
Un giorno, insomma, in cui fare cultura significhi anche assistere a un concerto o a uno spettacolo, assaggiare una pietanza kasher o passeggiare per quella strada o entrare in quel palazzo della proprio città di cui si è sempre sentito parlare come della “giudecca” o della vecchia “sinagoga”, spinti dalla curiosità e accompagnati dalle parole di una guida esperta.

Non mi resta che augurarvi di vivere una buona giornata, grazie alle tante iniziative che avranno luogo qui a Parma.
Da qui, diamo il via ufficiale alle manifestazioni in tutta Italia, all’insegna dell’amicizia, della cultura, e con il sogno (e la speranza), in una società migliore, in cui le diversità siano sempre più percepite come una occasione di crescita personale e collettiva.
Grazie a tutti coloro che hanno reso possibile la realizzazione di molteplici iniziative in più di 80 città italiane.
Grazie. Shalom

Giorgio Mortara, vicepresidente UCEI