Controvento – Robotica verde

Viviana KasamSiamo abituati a pensare ai robot come macchine umanoidi, quelle rappresentate nei film e nei romanzi di fantascienza, che potrebbero mettersi in competizione con noi e addirittura costituire una minaccia per l’umanità.
Ma secondo gli esperti, questa è una visione approssimativa e non realistica. Il futuro, invece, è dei robot che collaborano con l’uomo, liberandolo dalle attività più rischiose e faticose, e che si ispirano alla natura, sia al mondo animale che a quello vegetale. La robotica bioispirata è il tema di un bellissimo libro –lo consiglio a tutti: “La natura geniale” di Barbara Mazzolai, che dirige il Centro di Micro Robotica dell’IIT di Pontedera, ed è stata definita una delle 25 donne più influenti nel settore della robotica a livello mondiale. Il libro, pubblicato da Longanesi pochi mesi fa, è scritto in un linguaggio divulgativo ed è ricco di informazioni curiose (sapevate che il primo robot fu inventato già dal matematico greco Erone che lo portò in scena ad ad Alessandria d’Egitto? Che nel 1700 l’inventore francese Jacques de Vaucanson progettò un’anatra robotica che poteva muovere le ali e mangiare e poi espellere chicchi di grano? E che nel 1700 l’orologiaio svizzero Pierre Jaquet-Droz costruì il robot Scrivano, un prototipo di computer?). Ma quello che lo rende interessante e singolare è la panoramica delle nuove ricerche, che studiano la natura per proporre soluzioni innovative a livello robotico. E così sentiamo parlare di robot morbidi, realizzati con materiali malleabili e soffici al tocco, dello Stickybot, un robot ispirato ai gechi capace di aderire a qualsiasi superficie esercitando forze deboli; di PARO, un robot a forma di cucciolo di foca, che, con i suoi occhioni vivaci e la sua dolcezza, è utilizzato per l’interazione con persone anziane e malati di Alzheimer, producendo miglioramenti relazionali; del robot polpo, morbido e flessibile, dotato di tante braccia che possono esplorare terreni e fondali adattandosi all’ambiente e, miniaturizzato, potrebbe diventare il prototipo per sonde ed endoscopi più efficaci. E ancora dei robot insetti, minuscoli, che lavorano secondo i criteri della swarm intelligence, l‘intelligenza diffusa, e che si prestano a ogni tipo di applicazione. Basti pensare ai lavori domestici: non sarebbe preferibile avere qualche decina di insetti pulitori, capaci di volare, arrampicarsi sui muri, inserirsi negli interstizi o sotto i letti, invece di un rozzo umanoide che replica tutti i nostri limiti e se si rompe va riparato integralmente, mentre nel caso dello sciame basterebbe sostituire uno degli insettini?
La specialità di Barbara Mazzolai è però un’altra, cui sono dedicati gli ultimi capitoli del libro. Ovvero i plantoidi, i robot ispirati alle piante e alla loro intelligenza. Ho avuto il privilegi odi ospitare più volte Barba Mazzolai durante le conferenze organizzate da BrainCircleItalia, e il tema dell’intelligenza delle piante, e della loro utilità nella robotica è uno dei più affascinanti tra quelli affrontati. Studiando le radici con la loro capacità crescere dalla punta e di andare e cercare nel terreno i nutrienti, i viticci dei rampicanti, l’autonomia decisionale di ogni elemento che compone la pianta, il linguaggio chimico con cui le piante comunicano (è stato definito wood-wide-web), la rapidità di reazione delle foglie carnivore, Barbara Mazzolai e il suo gruppo hanno progettato robot rivoluzionari, dalle innumerevoli .applicazioni. Questi robot che crescono dalla punta, e sono estremamente flessibili potrebbero essere utilizzati per esplorare terreni difficili e pericolosi cercando da sé i percorsi (pensiamo alle tragedie dei bambini intrappolati in pozzi o grotte), stabilizzare i terreni franosi, scovare l’acqua nelle zone desertiche, svilupparsi in altezza su supporti ripidi, ma anche, miniaturizzati (i cosiddetti nano-bot), essere utilizzati come endoscopi che, cercando da sé il percorso ottimale nel corpo umano, non lederebbero i tessuti circostanti e potrebbero anche depositare farmaci solo nelle cellule malate.
Gli ultimi nati, ancora in fase di gestazione, sono i Grow-bot, che crescendo si si autoprogrammano per adattarsi all’ambiente, ovvero possono apprendere utilizzando circuiti neurali e sono dotati di capacità decisionale (attenzione: capacità decisionale all’interno del percorso deilneato, non autocoscienza!|).
Ma c’è di più. Mazzolai sta studiando le piante anche dal punto di vista energetico. Per muovere i suoi plantoidi ha progettato “attuatori osmotici”, capaci di creare movimento a ridotto consumo energetico, attraverso un processo osmotico dei liquidi. E nel fare questo si è resa conto che le piante producono una energia verde che potrebbe essere sfruttata per produrre elettricità pulita, aiutando risolvere la sfida energetica del pianeta. Il doppio strato di tessuto delle foglie funziona infatti come un condensatore che produce elettricità quando viene ripetutamente toccato, e “la tensione generata da una singola foglia può raggiungere i 150 volt, abbastanza per accendere simultaneamente cento lampadine a led” spiega la scienziata. “Con questo sistema si potrebbe convertire il vento in elettricità; e potremmo in un futuro non lontano, caricare i nostri smartphone attaccandoli al ficus all’ingresso di casa”.
Insomma no sottovalutiamo le piante. Potremmo scoprire che sono più intelligenti di noi (il dubbio mi è venuto) anche perché, essendo presenti sulla Terra da 450 milioni di anni, mentre noi siamo dei parvenu vecchi solo 2 milioni e mezzo di anni, hanno raggiunto uno stadio evolutivo molto superiore al nostro…

Viviana Kasam