Chiudere gli occhi è pericoloso
I malintesi della lotta politica fra ebrei: mettiamo che un giornalista ebreo vada a un raduno della Lega per informare il proprio pubblico. Capita che sostenitori della Lega lo insultino al grido di ‘ebreo’. Non usano epiteti volgari, non lo insultano rinfacciandogli la sua militanza politica o il suo essere critico nei riguardi di un governo israeliano, ma gli gridano ‘sei un ebreo, non sei italiano’. Perfetto: per i leghisti siamo stranieri.
Gli antagonisti ebrei di quel giornalista, tuttavia, si rallegrano perché egli ha dovuto misurarsi, una volta di più, con la sua ebraicità. Se l’è voluta, pensano. Come se fosse lui colpevole delle sue idee e non i leghisti colpevoli del loro antisemitismo. Eppure, al posto di quel giornalista ci sarebbe potuto essere chiunque di noi e quel chiunque di noi sarebbe stato apostrofato dai leghisti allo stesso modo: ‘ebreo’.
È assolutamente lecito non essere d’accordo con le idee politiche di un giornalista, di destra o di sinistra che sia, ma è pericoloso chiudere gli occhi di fronte a una società che dà voce al proprio antisemitismo. Ed è a questo che dovremmo reagire, anziché gioire dell’aggressione a un giornalista che non ci piace.
Con Gad Lerner posso non condividere politica e opinioni, ma quando gli danno dell’ebreo con l’intenzione di offenderlo stanno offendendo anche me. E vorrei dire ‘anche noi’, perché in quanto ebrei saremo sempre tutti nella stessa barca.
L’identità, se ci si tiene davvero, la si difende anteponendola ai colori di partito e non sacrificandola sull’altare della polemica politica. Se così non è, hanno già vinto gli antisemiti.
Dario Calimani, Università di Venezia
(17 settembre 2019)