Israele, nessun vincitore

rassegnaCon oltre il 90 per cento delle schede scrutinate, il risultato delle elezioni israeliane appare consolidato: nessun vincitore è uscito dalle urne. Il Likud del Primo ministro uscente Benjamin Netanyahu può contare su 32 seggi, gli stessi del partito sfidante Kachol Lavan guidato dall’ex generale Benny Gantz, ma nessuno ha i numeri per formare una coalizione di maggioranza. Il blocco di Netanyahu, composto da partiti di destra e haredi, è attualmente dato a 56 seggi mentre il blocco di centro-sinistra, senza contare i 12 seggi della lista araba, arriva a 43. Una situazione di stallo in cui decisivo sarà il ruolo di Avigdor Liberman, il cui partito Yisrael Beitenu dovrebbe avere nove seggi: nelle scorse ore Lieberman ha ribadito il suo sostegno a un “governo di ampia unità liberale”, che includerebbe Yisrael Beitenu, Likud e Kahol Lavan. Lo scenario di un governo di unità nazionale è quello su cui gli analisti israeliani scommettono di più al momento.
Intanto il Presidente Reuven Rivlin ha fatto sapere che lavorerà per dare al paese il prima possibile un governo. In un comunicato emesso nella notte dall’ufficio di Rivlin si fa sapere che “il presidente sarà guidato dalla necessità di formare il più rapidamente possibile un governo in Israele e di attuare la volontà popolare espressa nei risultati delle elezioni, nonché dalla necessità di evitare una terza elezione generale”.
Questa la fotografia dei quotidiani in edicola, basata principalmente sui primi exit poll. “Israele rischia ancora la paralisi” titola il Corriere. “Il voto in Israele non premia Netanyahu” la scelta di Repubblica. Per La Stampa i destini di Israele sono “nelle mani di Lieberman”. Il Fatto Quotidiano chiosa: “Il generale Gantz assedia re Bibi”. Questo invece il Giornale: “Testa a testa Gantz-Bibi: caos Israele”. 
Diverse le voci che, sui vari giornali, sono interpellate per un commento. Sul Corriere, lo scrittore Etgar Keret parla dei suoi 34 anni da elettore. Un rito stanco ma, sottolinea, “sempre indispensabile”. Fania Oz-Salzberger, figlia dello scrittore Amos, lancia un appello: “Adesso serve quiete. Basta parole violente”. 
Repubblica dedica un articolo alla “generazione Bibi”, i ventenni israeliani che hanno conosciuto quasi esclusivamente Netanyahu come Primo ministro. “Bibi ha plasmato la società in cui sono diventati adulti: insultando la stampa, delegittimando la magistratura e con discorsi razzisti. Cose che, comunque vada il voto, resteranno” sostiene l’analista Dahlia Scheindlin. Uno spazio è dedicato anche alla divisione interna alla comunità dei cittadini arabi, tra sostegno al partito che si propone di rappresentarli e boicottaggio dell’appuntamento elettorale. Repubblica parla di minoranza “bistrattata dalla destra di Netanyahu, che la considera una quinta colonna del nemico arabo-palestinese”. 
La Stampa propone invece il punto di vista degli abitanti dell’insediamento di Tekoa, decisamente orientati verso il Likud. “La sbarra d’acciaio e i controlli all’ingresso – si legge – significano questo: essere nei Territori ‘contesi’, in quello che un giorno potrebbe diventare un pezzo dello Stato palestinese. Oppure, come ha promesso Benjamin Netanyahu, parte a pieno titolo dello Stato di Israele”. A Tekoa, si legge ancora, “è Bibi o il nulla, il rischio di rimanere nel limbo per altri decenni”. 
Libero mette in relazione il voto in Israele con il mancato ritorno alle urne in Italia. “In un fazzoletto di terra in guerra con il mondo circostante si vota. Due volte in sei mesi. Qua no. Non è un contrasto – si legge – è una disfatta civile”. 

Nessuna conseguenza, sul piano della giustizia sportiva, per i recenti episodi di razzismo contro i calciatori Lukaku e Kessie. “Incredibile: quei buu a Kessie e Lukaku non sono mai esistiti” titola la Gazzetta dello sport. Allo stato attuale, ricorda il quotidiano sportivo, i provvedimenti dipendono dall’entità dei decibel e dal numero di persone coinvolte “lasciando di fatto impuniti episodi giudicati di impatto non così significativo”. Per superare questa difficoltà, si riferisce, “il presidente federale Gravina ha intenzione di riunire presto tutte le componenti del calcio in modo da cambiare la normativa e fornire gli strumenti per sanzionare anche gli episodi di portata più ridotta”. 

Alla vigilia della sua visita in Italia il presidente tedesco Frank-Walter Steinmeier concede una intervista al Corriere in cui torna anche sul tema della responsabilità storica della Germania per i crimini compiuti nel secondo conflitto mondiale. “Non c’è un futuro positivo – afferma Steinmeier – senza confronto con il passato. Pertanto, proprio in questo periodo mi dedico alla commemorazione dell’ottantesimo anniversario dell’inizio della guerra e al ricordo delle terribili stragi commesse da SS e Wehrmacht in Toscana”. Per tale motivo, aggiunge, “era così importante per me la visita a Fivizzano; insieme a quelle precedenti a Civitella, alle Fosse Ardeatine a Roma e alla Risiera di San Sabba voglio mostrare che la nostra commemorazione comune per me è più del riconoscimento della colpa tedesca”. 

La Stampa, nelle sue pagine locali, segnala l’inizio di un ciclo di incontri sull’antisemitismo, a cura di David Sorani, che si inaugurerà nel pomeriggio nella biblioteca della Comunità ebraica di Vercelli. Surreale però il titolo: “A scuola di antisemitismo”.

Adam Smulevich twitter @asmulevichmoked

(18 settembre 2019)