Bensoussan assolto definitivamente dall’accusa d’islamofobia
“Il 17 settembre, la Corte di cassazione non ha solo definitivamente ripristinato l’onore dello storico Georges Bensoussan ma anche ha rafforzato la libertà di espressione di tutti noi. I giudici hanno onorato la democrazia”. Così il quotidiano francese Le Figaro commentando il respingimento da parte dell’Alta Corte francese dei ricorsi della Ligue des droits de l’Homme (LDH) e del Collectif contre l’islamophobie en France (CCIF) contro l’assoluzione pronunciata a favore di Georges Bensoussan in primo grado (processo del 25 gennaio 2017) e in appello (29 marzo 2018). “È la Bérézina (la Caporetto) per i nemici della libertà di espressione!”, il grido di Le Figaro davanti alla fine di una querelle durata anni e in cui lo storico francese – diverse volte protagonista su queste pagine – era stato accusato dalle citate associazioni di istigazione all’odio razziale contro la Comunità islamica. A far scoppiare il caso, una frase pronunciata da Bensoussan, ebreo francese di origine marocchina e responsabile editoriale del Mémorial della Shoah di Parigi, durante un’intervista radiofonica con il filosofo Alain Finkielkraut: in Francia, “nelle famiglie arabe, tutti sanno, ma nessuno ammette, che l’antisemitismo è trasmesso attraverso il latte materno”, la denuncia di Bensoussan. Il riferimento dello storico si concentrava in particolare sull’antisemitismo diffuso tra i musulmani delle banlieues francesi, ostacolo alla loro integrazione e retaggio di una tradizione antisemita ben presente nel Maghreb, ovvero nei loro paesi d’origine. Un argomento a cui Bensoussan ha dedicato ampi e puntuali studi, tra cui il libro Juifs en pays arabes: Le grand déracinement 1850-1975 (2012). Distorcendo la sua analisi, le associazioni che lo hanno querelato hanno interpretato la sua frase come un riferimento razzista. “Siamo di fronte a un antirazzismo deviato che chiede di criminalizzare un’inquietudine, invece che combattere ciò su cui si fonda. Se i giudici cedono, sarà una catastrofe intellettuale e morale”, aveva messo in guardia Finkielkraut. Ma i diversi tribunali, fino all’ultimo grado, hanno dato ragione a Bensoussan pronunciando una sentenza di assoluzione: “le osservazioni incriminate – spiegava la Corte di primo grado nel primo processo del 2017 – sono state tenute in un contesto particolare” e soprattutto “il reato di istigazione all’odio, alla violenza e alla discriminazione prevede, perché si configuri, un elemento intenzionale”, elemento assente nel caso di Bensoussan.