“Not in my name, insieme per tutelare le donne”
La lotta contro la violenza sulle donne, in particolare giovani e adolescenti, è tra i temi che al giorno d’oggi richiedono una sempre più forte consapevolezza e incisività d’azione. “Not in my name. Ebrei, Cattolici e Musulmani in campo contro la violenza sulle Donne”, progetto che è il risultato di una collaborazione tra Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, Comunità Religiosa Islamica Italiana e Ateneo Pontificio Regina Apostolorum sotto l’egida del Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri, si propone di offrire soluzioni condivise nel segno dei valori comuni che uniscono oltre le differenze ma anche del pragmatismo. E quindi con una serie di interventi mirati nelle e con le scuole, annunciati in queste ore nella sede del ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca.
“La violenza sulle donne è una realtà inaccettabile ed è un tema attuale – ha sottolineato in apertura Livia Ottolenghi, assessore alla Scuola, Formazione e Giovani UCEI – Per questo abbiamo deciso di metterci insieme, ebrei, cattolici, musulmani, come portatori di valori e dare un messaggio chiaro: nessuna violenza deve e può trovare nella fede un’attenuante o una giustificazione. Il nostro obiettivo è poi quello di puntare soprattutto sui giovani, sulle future generazioni, a loro è diretto questo progetto”. A leggere i saluti del ministro dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti, il dirigente della direzione generale per lo Studente Giuseppe Pierro. Il ministro ha sottolineato come iniziative come “Not in my name sono importanti per insegnare alle nuove generazioni la cultura del rispetto reciproco”. A mettere a punto il programma formativo di Not in my name sono state Raffaella Di Castro, coordinatrice di progetti culturali e di formazione per l’UCEI, e Domitilla Melloni, pedagogista e fondatrice della Società di Analisi Biografica a Orientamento Filosofico (Sabof) e della Scuola Superiori Philo Pratiche Filosofiche di Milano.
Fine ultimo della proposta formativa è la sensibilizzazione e la consapevolezza critica dei giovani ai pregiudizi, alle discriminazioni e alle violenze di genere, tramite il metodo della pedagogia attiva e con il supporto anche dei valori etici universali di cui le tre religioni sono portatrici.
“Si vogliono coinvolgere i giovani – sottolinea Di Castro – non come semplici destinatari di un messaggio preconfezionato e astratto, calato dall’alto, ma come attori protagonisti. La trasmissione dei saperi e dei valori può infatti sensibilizzare i giovani solo se si fa per essi esperienza, presa di coscienza, elaborazione critica, azione. Solo rendendoli consapevoli di un problema che li riguarda in prima persona, che coinvolge le loro relazioni e i loro contesti quotidiani e sul quale essi stessi hanno la possibilità di intervenire, è possibile far emergere e mettere in discussione i loro stessi stereotipi e pregiudizi. Solo attraverso una sensibilizzazione di questo tipo è infine possibile che essi diventino a loro volta tramite di una più ampia trasformazione sociale, culturale e comunicativa”.
Tre i momenti in cui è stata divisa la presentazione odierna. A rispondere alla domanda “Perché le religioni scendono in campo?” sono, oltre al rav Roberto Della Rocca, Marta Rodriguez dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum; Aisha Lazzerini, coordinatrice del comitato scientifico della Coreis; Chiara Ferrero, presidente dell’Accademia ISA. A illustrare la proposta formativa per l’anno scolastico 2019/20 saranno poi, oltre a Di Castro, Marta Rodriguez (Apra), Martino Roma (Coreis) e Betti Guetta (Cdec).Concluderà la presentazione una tavola rotonda su “Pregiudizio, discriminazione e violenza di genere: riflessioni e sfide aperte”, introdotta e moderata dalla giornalista esperta di diritti umani Luisa Betti Dakli. Porteranno un contributo anche Paola Cavallari, responsabile dell’Osservatorio interreligioso sulle violenze contro le donne; Teresa Dattilo, psicoterapeuta e presidente dell’associazione Donna e Politiche Familiari; Maddalena Del Re, avvocata; Claudia Villante, ricercatrice Istat.