L’equiparazione
tra nazismo e comunismo

baldacciLa risoluzione votata nei giorni scorsi dal Parlamento europeo sull’equiparazione tra nazismo e comunismo sembra fatta apposta per far arrabbiare gli storici. Intanto per l’invasione di campo che i rappresentati riuniti a Strasburgo avrebbero compiuto: il giudizio sul passato spetta agli storici, mentre è compito dei politici occuparsi del presente e dei suoi effetti sull’avvenire. Inoltre agli storici non piacciono le generalizzazioni: quando si parla di nazismo si intende qualcosa di abbastanza univoco, mentre così non è per il comunismo: ci sono stati molti regimi comunisti, non solo quello dell’Unione Sovietica ma anche quelli dei Paesi dell’Europa dell’Est che solo superficialmente si possono considerare identici a quello sovietico (si pensi agli opposti casi della Jugoslavia e dell’Albania) e soprattutto ci sono stati e ci sono quelli extraeuropei, che sembrano essere i più longevi: Cina, Corea del Nord, Vietnam, Laos, Cambogia, Cuba, per non parlare di alcuni brevi esperimenti di comunismo africano. Infine, ma non è certo il punto meno importante, non piace il concetto stesso di “equiparazione”: come si possono equiparare sistemi politici ed economici costruiti su basi teoriche e pratiche tanto diverse? C’è qui una confusione tra “comparazione” ed “equiparazione”: comparare sistemi politici ed economici diversi si può, anzi è un’operazione che gli storici eseguono normalmente, perché permette di far emergere affinità e differenze e quindi di far comprendere meglio le caratteristiche di questi regimi. L’equiparazione invece è un’operazione del tutto diversa, perché comporta l’annullamento delle differenze di contenuto e di metodo che storicamente sono esistite tra regimi diversi.
Si pensi al caso più evidente, quello dell’antisemitismo: come è equiparabile l’antisemitismo nazista, che costituiva l’essenza stessa del regime, con l’antisemitismo praticato nell’Unione Sovietica, che naturalmente va condannato senza riserve ma tenendo presente che non era ciò che caratterizzava quel regime ma uno dei suoi effetti collaterali, dovuto sia alla tradizione antisemita russa sia alla paranoia persecutoria di Stalin?
Quello che più colpisce è la loquacità dei rappresentanti europei rispetto al passato (la risoluzione è infatti molto ampia) rispetto al silenzio sul presente, che dovrebbe essere il vero campo di competenza di un organo come il Parlamento europeo. Se il Parlamento europeo voleva esprimere un giudizio critico sui regimi comunisti ancora esistenti (o che comunque si autodefiniscono tali), non sarebbe mancata la materia prima: intanto la Repubblica Popolare Cinese, e poi, a seguire, la Corea del Nord, il Vietnam, Cuba. Ma su questi Paesi, e in generale sul presente, si preferisce il silenzio.

Valentino Baldacci

(26 settembre 2019)