Scienze umane e buone pratiche
Da una decina d’anni è attivo all’università di Amburgo, in Germania, il Maimonides Centre for Advanced Studies. Questa settimana vi si è svolta una importante conferenza internazionale dedicata alle opere del rabbino veneziano Simone Luzzatto (1583-1663). Il titolo, “Simone Luzzatto’s Scepticism in the Context of Early Modern Thought”, rifletteva solo in parte la ricchezza degli interventi e dei dibattiti che si sono susseguiti in un ambiente che appare sorprendente e bello. Sono molti anni che si lavora sotto la direzione del professor Giuseppe Veltri alla pubblicazione di traduzioni inglesi commentate delle opere di questo pensatore come anche di altri protagonisti del pensiero ebraico dell’età barocca. Lavori in buona parte liberamente consultabili online provano a scardinare quel muro di silenzio che da decenni, forse secoli, è calato sulla produzione letteraria dell’ebraismo italiano in due millenni di storia. Gli studiosi che si occupano del pensiero di Luzzatto sono numerosi e provengono da culture differenti, e tuttavia profondamente rispettose dell’ambiente originario del pensatore veneziano e indagatori attenti dei profondi motivi che lo hanno spinto a produrre i suoi testi sia in italiano, sia in ebraico. In particolare la riflessione ha toccato gli aspetti di modernità leggibili nel Discorso circa il stato de gl’Hebrei e nel suo successivo Socrate, overo dell’humano sapere. E sebbene la discussione si sia svolta in inglese, non è esagerato affermare che il centro studi dell’università di Amburgo sia un istituto in larga misura italiano, con inserti di varia umanità che fanno ben comprendere quanto il pensiero prodotto dall’ebraismo italiano interessi a livello internazionale. Vi si incontra un collega greco, ma residente a Istanbul, che tuttavia insegna all’università di Helsinki dove si occupa del nesso fra il pensiero di Simone Luzzatto e i progetti di emancipazione proposti dalla rivoluzione francese. Oppure la dottoranda sudcoreana che studia e vive a Tokyo, ma ha deciso di fare ricerca sul “Discorso” perché è particolarmente utile a comprendere lo status delle minoranze etniche in Giappone. E per farlo viene a studiare italiano in Italia e poi si trasferisce a Gerusalemme per un ulpan. E ancora studiosi dall’università della Calabria e dal Collegio rabbinico di Roma, da Gerusalemme o da Parigi e dagli Stati Uniti. Una miscela di sensibilità culturali diverse, che mostrano plasticamente quel che andiamo ripetendo da anni: la cultura ebraica prodotta in Italia è un pozzo senza fondo di ricchezza da studiare e trasmettere. A volte se ne accorgono prima e meglio in altri luoghi che non l’Italia, ma prima o poi…
Gadi Luzzatto Voghera, Direttore Fondazione CDEC
(27 settembre 2019)