“7 ottobre 1943, non dimentichiamo”
“Nelle nostre vite personali e istituzionali ci sono date che conosciamo a memoria e fanno parte del nostro stesso essere, alcune gioiose altre tragiche. Il 7 ottobre appartiene a queste. È una data che fa parte della memoria indelebile della nostra storia italiana, sulla quale oggi ritornare, qui all’interno di queste mura, qui con gli allievi che vivranno il domani. Le date non sono solo date, sono vita e vissuto umano e di una nazione intera”.
Queste le parole con cui la Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni ha oggi reso omaggio alla memoria dei carabinieri romani deportati il 7 ottobre di 76 anni fa. Una vicenda drammatica con un nesso forte con il successivo rastrellamento nell’area del vecchio Ghetto. Come è stato ricordato nel corso della solenne cerimonia tenutasi stamane alla Scuola Allievi Carabinieri, i nazisti erano convinti che l’Arma avrebbe potuto opporsi all’imminente azione antiebraica. E così l’infamia fu sancita, con in calce la firma non solo di Kappler ma anche del maresciallo Rodolfo Graziani.
L’odierna commemorazione, cui hanno anche partecipato la presidente della Comunità ebraica Ruth Dureghello e il rabbino capo rav Riccardo Di Segni, è stata l’occasione per stringersi nuovamente ai vertici dell’Arma, al comandante generale Giovanni Nistri, al vicecomandante generale Ilio Ciceri, al generale Massimino Mennitti, ai reparti schierati e ai tanti allievi presenti a questa commemorazione.
“I nostri giovani – ha detto Di Segni – non possono neanche lontanamente comprendere il tuono di uno sparo, la violenza di un comando urlato in tedesco, lo sguardo penetrante di chi ne desidera l’annientamento e di chi obbedisce obnubilato dalla irragionevolezza e dall’illusorio potere delegato. La guardia deve restare alta per poter davvero proseguire il cammino tracciato dalla Costituzione, per tenere l’Italia desta”.
Concetti richiamati anche dal vicecomandante Ciceri nel suo appassionato intervento, che ha contestualizzato storicamente quei fatti. La situazione a Roma dopo l’armistizio, l’ingresso a Roma dei nazisti contrastato da alcuni gruppi valorosi di resistenti, il contributo che molti, dentro l’Arma, continuarono a dare nella lotta di Liberazione del Paese dal nazifascismo. E, nello specifico del 7 ottobre, il tradimento perpetrato ai loro danni in quella circostanza e le nefaste conseguenze cui portò. “Il nesso tra 7 e 16 ottobre è forte, come si è colto dai documenti e dalle testimonianze di cui siamo successivamente venuti in possesso” ha affermato Ciceri. Il comando dove ha oggi sede la Scuola Allievi, è stato ricordato, fu uno dei luoghi di raccolta. “Qui i carabinieri furono disarmati, pena la fucilazione. Da qui e da altre caserme – ha proseguito il vicecomandante – oltre duemila di loro furono poi deportati in carri di bestiame”. Per centinaia di loro un viaggio di sola andata. “A questi carabinieri – ha detto Ciceri – si uniscono poi i molti catturati nel Nord Italia e nei vari fronti di guerra. Con il loro rifiuto ad aderire alla Repubblica sociale mantennero fede al giuramento fatto alla patria”.
“Oggi – ha sottolineato la Presidente Di Segni – ci inchiniamo alla Memoria di tutti loro. Di chi perse libertà di vita e di chi perse la stessa vita per rispondere all’imperativo di coscienza. Eroi silenziosi o sconosciuti che oggi ricordiamo nel clima di stretta collaborazione e amicizia che ci lega all’Arma dei Carabinieri, cui rinnoviamo la nostra più profonda gratitudine, ogni giorno e in ogni data: per la professionalità di ogni vostro reparto; per la dedizione con cui assolvete la vostra missione sociale e di pubblica sicurezza; per il significato che sapete attribuire alla divisa”.
(7 ottobre 2019)