Controvento – Il digiuno
Il digiuno è parte integrante di tutte le tradizioni religiose, e in tutte è meticolosamente regolamentato: quanto dura, che cosa è proibito e che cosa è concesso, come si entra e come si esce dall’astinenza da cibo.
I significati sono molteplici e facilmente intuibili: si mortifica il corpo per accedere a dimensioni più alte dello spirito, si sacrifica la gratificazione per chiedere perdono o ingraziarsi la divinità, si palesa l’appartenenza identitaria a una comunità e ai suoi rituali. E ci sono poi significati più alti che appartengono alle dottrine escatologiche ed esoteriche.
Gli studi sul cervello hanno dimostrato come il digiuno prolungato possa produrre una alterazione dello stato di coscienza prodromico alle visioni: ne parlano a lungo Moshe Idel e Shahar Arzy nell’interessante saggio Kabbalah: a neurocognitive approach to mystical experience purtroppo non tradotto in italiano. E in effetti, in quasi tutte le religioni la via dell’estasi comporta l’esercizio del digiuno – basti pensare, al di fuori dall’ebraismo, ai mistici cattolici o ai lama tibetani che per mesi o per anni praticano l’astinenza da cibo, meditando in solitudine per raggiungere visioni o poteri soprannaturali.
Ma il digiuno ha anche un importante valore igienico-sanitario (come peraltro quasi tutte le prescrizioni religiose, tese a garantire il benessere spirituale ma anche fisico delle comunità).
Ed è curioso come in questa nostra epoca in cui i valori religiosi sono stati sostituiti in ampi strati della società dal culto del benessere e dell’estetica, il digiuno continui a trionfare. Si digiuna per ripulire il corpo dalle tossine, per combattere le allergie, per rafforzare il sistema immunitario. E si digiuna per mantenere una forma fisica invidiabile. Ci sono cliniche del digiuno e sul web imperversano le diete che comportano periodi di digiuno: uno o più giorni alla settimana, una settimana al mese, oppure l’alternanza di orari in cui si può mangiare, e altri in cui bisogna astenersi (la cosiddetta dieta 16/8 che oggi va per la maggiore). E parecchi amici, che rifiutano sdegnati il digiuno prescritto dalla religione ebraica come un rito anacronistico, si sottopongono poi a digiuni molto più severi e prolungati per adeguarsi ai canoni della bellezza fisica decretati dai media.
Paradossalmente, il culto dell’estetica, che ha sostituito ahimé quello della spiritualità religiosa, ne ha comunque mutuato il bisogno di contrizione fisica. Ci si punisce, rinunciando alla gratificazione primordiale dell’umanità, quella del cibo, per raggiungere il traguardo della felicità passeggera di una taglia in meno, invece di quello del perdono divino e quindi della felicità eterna o almeno della pace interiore.
Viviana Kasam