La Russia decide il futuro siriano Accordo tra Putin ed Erdogan
Dopo diverse ore di colloqui a Sochi, il presidente russo Vladimir Putin e il presidente turco Recep Erdogan hanno trovato un’intesa sulla Siria: ai curdi saranno garantite altre 150 ore per andarsene dalle aree di confine con la Turchia. “Pur con tutte le incertezze che ieri sera hanno accompagnato la fine dei cinque giorni di cessate il fuoco mediato dagli americani con Ankara la settimana scorsa, almeno un dato appare chiaro – scrive il Corriere – l’eclissi della presenza Usa vede imporsi una pax russa in Siria e in parte delle regioni limitrofe”. Per Repubblica l’intesa rappresenta “un altro accordo sulla pelle dei curdi” che, dopo l’offensiva turca, vedono svanire il sogno di una Siria settentrionale autonoma e sotto il loro controllo: buona parte dei territori sottratti dai curdi all’Isis fanno parte dell’area in cui Erdogan ora, con il benestare di Putin, vuole trasferire 3,6 milioni di profughi siriani. E intanto il regime di Assad, appoggiato da Mosca, rialza la testa e le bandiere di Damasco sventolano anche nel Rojava, un tempo oasi curda.
L’arbitro russo. L’intesa con Erdogan rappresenta l’ennesima dimostrazione della forza della Russia di Putin in Medio Oriente. “Il Cremlino – scrive La Stampa – è ormai l’unico vero interlocutore universale di tutte le forze in Siria e in Medio Oriente. L’arbitro a cui è necessario rivolgersi per cercare una mediazione”. Mosca, ricorda il quotidiano, “dialoga con Israele e con l’Iran, con la Turchia e con la Siria, cioè con attori tra loro nemici giurati” e ciò dimostra il suo ruolo di arbitro – o garante, come scrive il Corriere – nell’area mentre gli Stati Uniti si ritirano.
L’attacco a Oslo e l’ombra neonazista. L’uomo che ieri ha seminato il terrore ad Oslo, sequestrando un’ambulanza e lanciandola contro i passanti – cinque i feriti, nessuno in pericolo di vita -, è un ex funzionario di polizia con legami con gruppi neonazisti norvegesi, in particolare con un movimento chiamato “Resistenza nordica” (Corriere). È stato arrestato dalla polizia assieme alla sua complice e sono stati trovati in possesso di una pistola mitragliatrice Uzi e un fucile. “L’ultradestra, “Den nordiske Motstand Bevegelse”, tace sui suoi presunti contatti coi due arrestati, – scrive Repubblica – ma gli inquirenti e il governo conservatore di Oslo prendono la pista molto sul serio”. A proposito di estremismo di destra, il Foglio, nel suo inserto, propone un’ampia analisi a riguardo.
Israele, il turno di Gantz. Fallito il tentativo del Premier Benjamin Netanyahu di formare un governo, la palla passa ora al leader di Kachol Lavan Benny Gantz che avrà il compito di provare a costruire una maggioranza per dare una guida a Israele. “Questi giorni per la politica israeliana – scrive il Foglio – sono un tumulto di prime volte: la prima rinuncia (di Netanyahu), il primo mandato in dieci anni dato a un politico che non è Netanyahu, il primo pensiero di un Likud senza Bibi”. Il Sole 24 Ore ricorda che Gantz vuole un governo d’unità con il Likud ma senza Netanyahu, il cui destino è in bilico. “Probabilmente – scrive il Sole – è il momento più difficile della sua lunga carriera politica. Tuttavia gli ultimi due decenni ci hanno insegnato una cosa: mai sottovalutarlo. Anche se questa volta dovrà vedersela con una minaccia interna. Una fronda di onorevoli in seno al Likud sarebbe orientata a scaricare il leader, soprattutto se dovesse arrivare un’incriminazione, e unirsi a un governo di unità”. Per il Giornale Netanyahu non ha intenzione di uscire di scena: “Raccoglie la metà dei consensi del Paese e le voci sul dibattito in corso presso l’Avvocatura dello Stato parlano di una insistita inconsistenza dell’accusa di corruzione, quella per cui Bibi è accusato di aver cercato di convincere un sito di notizie ad avere un atteggiamento positivo su di lui”.
L’Iran cacciato dal tatami. La Federazione internazionale di judo ha bandito l’Iran dalle competizioni per aver rifiutato di affrontare atleti israeliani. In particolare si fa riferimento all’ordine dato da Teheran in estate al judoka Saeid Mollaei di perdere ai mondiali di Tokyo per non sfidare in finale l’israeliano Sagi Muki. Secondo la federazione internazionale, riporta la Gazzetta dello Sport, le pressioni su Mollaei costituiscono “una violazione del rispetto dello spirito olimpico, del principio di neutralità politica e di universalismo”, oltre che una manipolazione dei risultati di una competizione.
A Riccardi il premio Rabbi Moshe Rosen. Domani a Roma verrà conferito dalla Conferenza dei Rabbini d’Europa (Cer) il premio “Rabbi Moshe Rosen” ad Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio. Lo riporta oggi in una breve Avvenire, ricordando la motivazione del riconoscimento a Riccardi: “per avere dimostrato una nobile dedizione nell’incoraggiare la convivenza tra persone di culture e religioni diverse e promosso lo sviluppo delle relazioni interreligiose, in particolare il dialogo tra la comunità cattolica e quella ebraica attraverso il suo impegno come fondatore della Comunità di Sant’Egidio”.
Daniel Reichel twitter @dreichelmoked