Periscopio – Un’idea mostruosa
Ho trovato di grande interesse i contenuti di un’intervista rilasciata dallo sceneggiatore cinematografico Umberto Contarello (noto, in particolare, per la collaborazione con Paolo Sorrentino, segnatamente nella lavorazione del film premio Oscar “La grande bellezza”) a Marco Damilano, pubblicata su l’Espresso dello scorso 13 ottobre. Nella conversazione lo sceneggiatore si lascia andare a delle penetranti considerazioni sull’attuale situazione politica, che viene interpretata e valutata al pari di una sceneggiatura cinematografica, con la dovuta attenzione riservata al tipo di storia raccontata, alla qualità della narrazione, al ruolo del regista, degli attori, delle comparse, ai trucchi di scena, alle reazioni del pubblico (reso partecipe di una sorta di grande film, nel quale il confine tra finzione e realtà appare spesso impalpabile).
Tra le varie osservazioni di Contarello, ad avermi particolarmente colpito è l’asserzione secondo cui un noto politico-comico italiano sarebbe “l’autore della mostruosa idea per cui il mondo è semplice e la complessità non esiste”. Un’idea che farebbe facilmente presa su larghe masse di cittadini, che, in un’“assenza di pensiero indicibile”, risultano facilmente raggiungibili da tale brutale semplificazione, apparendo “vittime di una influenza, di un virus”.
C’è poco da dire, sono d’accordo al 100 %. Si tratta davvero di un’idea “mostruosa”, del “sonno della ragione che genera mostri”, come disse Goya. A rileggere la storia, sarebbe fin troppo facile constatare quante tragedie siano scaturite da questa idea folle, che non è certo nata oggi (e non ha neanche un unico autore, anche se il personaggio a cui fa riferimento Contarello potrebbe legittimamente rivendicare almeno un parte del copyright: ma c’è chi gli ha spianato la strada, a cominciare da un noto imprenditore, più volte Premier negli ultimi decenni [anche se, per quel che vale il mio giudizio, non metterei i due soggetti sullo stesso piano]). Credo che ogni slogan semplificatore, ogni battuta volta a indicare una facile e immediata via salvifica (“giù le tasse”, “porti chiusi”, “fuori dall’Europa”, “no all’Euro”, “aiutiamoli casa loro”, “prima gli italiani” ecc.) non sia altro che una variazione dell’unica “idea mostruosa” di fondo, e una spinta al popolo italiano sul declino che porta al completo e definitivo rimbecillimento generale. E, anche quando – come, almeno finora, nella nostra storia attuale – non risultano verificarsi, per fortuna, tragedie di immani proporzioni, l’effetto nefasto di questa eliminazione della complessità è assolutamente evidente. E il rimbecillimento complessivo di un intero popolo non merita forse di essere considerato una tragedia?
D’altra parte, è evidente che c’è sempre stata, negli uomini, una tendenza a cercare scorciatoie, semplificazioni, e che l’idea che la realtà possa essere spiegata con poche parole, e aggiustata con poche mosse azzeccate, ha fatto sempre facile presa sulle masse, soprattutto quando pigre, frustrate, sonnacchiose, annoiate. È duro pensare che per modificare una situazione sgradevole bisognerebbe applicarsi per studiarla, analizzarla, comprenderla, e rimboccarsi le maniche per dare un proprio piccolo contributo per modificarla. Non è molto più facile pensare che la spiegazione risieda in quell’unico, semplice slogan, e che la soluzione consista nel dare seguito all’essenziale verbo soteriologico di un capo carismatico? Già Max Weber e Hannah Arendt studiarono, in modi diversi, siffatti fenomeni. Ma le loro analisi appaiono difficilmente applicabili ai tempi contemporanei, che appaiono segnati, in larga misura, appunto, da un'”assenza di pensiero indicibile”. Una realtà – ed è questa la grande novità, a mio avviso, dell’era digitale, che gli storici del futuro saranno chiamati a studiare e interpretare – che è qualcosa di molto diverso dall’ignoranza. Se, infatti, per millenni, l’affermazione della cultura ha coinciso, sostanzialmente, con l’impegno per l’alfabetizzazione e l’istruzione, la situazione appare oggi diversa, in quanto è la stessa straordinaria moltiplicazione planetaria di parole e immagini a produrre il vuoto di pensiero. Non ci sono poche parole scritte e lette, ce ne sono troppe. Ma non producono più significato, ma solo suono, rumore.
Sogno che, per un giorno solo, tutto questo chiasso possa cessare, per incantesimo, e che torni un attimo di silenzio. Che tutti gli uomini, giovani e vecchi, tornino a scuola, in prima elementare, indossando un grembiule, ad ascoltare le parole di una premurosa maestra che spieghi loro che le sillabe, concatenate in un certo modo, non producono solo un suono, ma anche un significato.
Francesco Lucrezi, storico