Unità contro l’odio
Non ci accomuna il naso adunco, non ci accomuna l’usura, non ci accomuna una visione politica, e non ci accomuna nessuno degli stereotipi che nei secoli ci hanno appiccicato addosso. E, tuttavia, non possono non vederci uniti e coesi la comune sensibilità nei confronti del razzismo e dell’antisemitismo. La storia ce lo ha ampiamente dimostrato. Se non lo vogliamo riconoscere, allora siamo davvero ciechi e sordi.
Ogni ghetto d’Italia ha avuto i suoi fascisti della prima ora, che giravano per le strade alla ricerca di qualche ebreo di cui punire il mancato zelo fascista, o il presunto comunismo, e a cui somministrare dosi di olio di ricino e bastonate. Finita la guerra, anche quegli ebrei zelanti, sbiadito il loro fascismo manifesto, hanno dovuto piangere i loro morti, gasati ad Auschwitz, uomini, donne, vecchi o bambini che fossero, senza alcuna distinzione di appartenenza politica. Rimase spazio, al più, per il loro fascismo interiore, quello caratteriale, incancellabile.
Oggi ci ritroviamo di fronte a un fascismo montante, che si presenta con il volto del razzismo e di un nuovo antisemitismo. Urlati nelle curve sud degli stadi, resi espliciti per la strada o negli autobus, volgarmente e diffusamente vomitati attraverso i social media, spudoratamente esternati da politici ignoranti e di bassa lega. Politici senza cultura e senza vergogna. Si accentuano l’aggressività e l’ostilità nei riguardi del diverso, se ne indica e se ne disprezza il colore, si enfatizzano le differenze e si fanno sbiadire i comuni caratteri dell’umanità.
Poi arriva la timida proposta di una commissione contro il razzismo e l’antisemitismo, la commissione Segre, che monitori i fenomeni di violenza e di odio razziale, e una buona parte del Parlamento italiano si astiene dal votarla e si arrampica sugli specchi per spiegare perché si sia voluta nascondere e si sia rifiutata di partecipare a un impegno contro l’odio nel paese. E qualcuno di noi, con fedele corrività, si precipita a dar fede alle disparate motivazioni che spiegano perché e per come certa politica si sia astenuta, e abbia evitato di alzarsi in piedi di fronte a una rara e simbolica sopravvissuta ai campi di sterminio. Una parte politica rimasta arrogantemente seduta come per un attacco collettivo di sciatica.
Non si può e non si deve reprimere la libertà di espressione, si dice. Come se monitorare il razzismo delle curve sud e dei social, o dei politici ignoranti e perniciosi che diffondono ignoranza, violenza e odio fosse contro l’interesse di quella politica che con l’ignoranza, la violenza e l’odio indottrina le masse e raccoglie voti.
L’odio gratuito è stata la causa della distruzione del Tempio di Gerusalemme. Sarebbe ora che gli ebrei lo ricordassero, a sé stessi e agli altri. Non serve distinguersi, davanti all’antisemitismo. Non si salverà l’ebreo di destra e non si salverà l’ebreo di sinistra. Di fronte al razzismo e all’antisemitismo non serve difendere il proprio partito di appartenenza, di fronte all’odio pregiudiziale e immotivato per Israele, stato e popolo, non servono i distinguo per assolvere chi sparge quell’odio. Nella peggiore delle ipotesi, finiremo ‘tutti nel gorgo muti’, come è già accaduto. E vi finiremo assieme. Non si salveranno gli zelanti che avranno contribuito a dispensare olio di ricino, non si salveranno coloro che avranno dato fiducia ingenua e immeritata agli imbonitori politici del momento, non si salveranno coloro che avranno privilegiato ciecamente l’ideologia – di destra o di sinistra – al loro essere ebrei.
Dario Calimani, Università di Venezia
(5 novembre 2019)