Il convegno di Confindustria
“Sfide ed etica delle imprese,
le religioni possono dare molto”
Da dove viene l’assetto sociale che consente di fare impresa? Le idee e i valori che le imprese difendono sono vecchi o nuovi? A ricollegare la modernità alle sue radici religiose e morali due conversazioni tra imprenditori, studiosi e rappresentanti religiosi organizzate ieri a Roma nella sede di Confindustria. L’occasione, è stato sottolineato, “per porsi qualche domanda sui fondamenti del senso del lavoro e dell’agire professionale” anche alla luce del plurimillenario messaggio biblico. Stimolanti gli spunti offerti dal convegno, cui ha tra gli altri partecipato il rabbino Benedetto Carucci Viterbi e che si è aperto con un intervento di monsignor Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione.
“La religione – ha sottolineato nel suo saluto Vincenzo Boccia, presidente di Confindustria – è un luogo dove intuizioni profonde sui valori, la società, la trasmissione della cultura si proiettano nel lungo periodo, ben oltre la vita di una singola generazione o di un modello economico o politico. Per questa sua visione di lungo periodo e per la sua relazione con le corde più profonde dell’animo umano essa preserva valori potenti, svolge un ruolo di coesione sociale e di indirizzo dello sviluppo della cultura”. Ma proprio questo ruolo fecondo, ha aggiunto Boccia, “favorisce anche una funzione di controllo sociale, dove l’uso dei valori religiosi diventa un potente strumento politico”. Stortura che spesso ha provocato danni ma che si è oggi in gran parte risolta, ha osservato il numero uno di Confindustria, grazie a una maggiore separazione tra Stato e organizzazioni religiose, accanto allo sviluppo di un pensiero scientifico e filosofico più autonomo dalla religione stessa. “È grazie a questo processo – la sua osservazione – che le religioni possono oggi recuperare un più forte ruolo morale, occupando meno il campo della politica”.
Tra le anime del convegno Guido Ottolenghi, presidente del Gruppo Tecnico Logistica Trasporti ed Economia del Mare di Confindustria, che ha anche introdotto e moderato il panel intitolato “Inganno o serietà: il giardino dell’Eden e la formazione della classe dirigente”. Un approfondimento che è partito dall’invito alla rilettura della storia di Adamo ed Eva come “racconto del confine tra un mondo senza pensieri, senza necessità di decisioni, in cui prevale la fisicità, e un mondo in cui intelligenza, riflessione e morale sono necessari per sopravvivere alle difficoltà”. In pochi versi, il suo pensiero, “la Bibbia ci ricorda che la società umana si regge sull’ingegno e sulle regole, e che per far sì che a comandare sia chi ha maggior merito intellettuale e morale ci si deve vestire, si deve in qualche modo coprire la fisicità”. Finché essa prevale, ha poi affermato, “si scelgono le persone più prestanti, ma non necessariamente quelle più adatte a comandare”.
Temi su cui ha parlato nello specifico anche rav Carucci Viterbi, tra i protagonisti del panel “Merito o nascita? I valori della Bibbia e l’organizzazione della società”. Una ricognizione, la sua, su quel che i testi della Tradizione hanno da insegnarci su categorie come, per l’appunto, merito e talento. “La Bibbia – ha sottolineato il rav – ci racconta che non si può diventare sacerdoti se non si nasce in un certo modo: non c’è merito, almeno qui. Ma se andiamo avanti scopriamo una società interamente retta dallo studio, dalla conoscenza. Una società in cui lo sforzo è la variabile fondamentale”. Citando alcuni passi biblici, il rav ha spiegato come gli stessi testi riconoscano un chiaro principio: è molto meglio essere di origine incerta ma sapienti, che di nobile lignaggio ma ignoranti. Sul tema della leadership, con un riferimento alla storia di Mosè, ha inoltre enfatizzato l’importanza di non fare mai di un leader una divinità. “Mosè ha dei figli, ma della loro storia non sappiamo nulla. La loro nascita è semplicemente registrata. Essere figli di Mosè non è garanzia di nulla”.
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(7 novembre 2019)