Berlino dichiara guerra all’odioI giornalisti sul treno per Pankow
“Non vi lasciamo tregua”. Il titolo parla chiaro e l’ammonizione rivolta agli antisemiti che inquinano le città europee per essere ancora più esplicita è sbandierata a tutta pagina. Il quotidiano berlinese Tagesspiegel, il più autorevole e il più diffuso nella capitale tedesca, ha lanciato un appello ai lettori: la società civile deve mobilitarsi per contrapporre una barriera all’odio. Il titolo è a tutta pagina, rimbalza sulle altre otto testate quotidiane che si pubblicano a Berlino, e balza dalla pagina stampata per prendere la forma di un hashtag destinato a ripetersi insistentemente di giorno in giorno.
Il giornale ha deciso di declinarlo a tutta pagina anche in ebraico, lanciando con la massima visibilità la titolazione con l’alfabeto delle lettere quadrate e attirando l’attenzione di innumerevoli lettori.
Sono giornate molto dure per i giornalisti berlinesi. Sulle stesse pagine dell’agenda c’è da gestire la sfida all’odio che sta mobilitando la società civile dopo l’attacco antisemita alla sinagoga di Halle, il ricordo della Notte dei cristalli, i trent’anni della caduta del Muro che ha lacerato nel secondo dopoguerra la Capitale e privato della libertà milioni di tedeschi.
In questo clima febbrile Robert Ide, che dirige il Tagesspiegel e Jochen Arntz che tiene il timone della Berliner Zeitung per un giorno hanno deciso di mettere da parte l’inevitabile competizione che segna la gara fra i due principali quotidiani berlinesi e hanno invitato le rispettive redazioni e un gran numero di lettori per un appuntamento fuori dal comune. Protagonisti di una sfida professionale difficile, i due giornalisti rappresentano due realtà contrapposte e complementari. Il Tagesspiegel, che ha a lungo rappresentato la voce elitaria e illuminata di Berlino Ovest è riuscito ad affermarsi per diventare la testata più diffusa e autorevole della città riunificata. La Berliner Zeitung è riuscita a compiere la trasformazione più difficile, da quotidiano più diffuso della Berlino Est negli anni della dittatura a giornale che è riuscito a reggere la difficile prova del libero mercato e della libertà di informazione.
Ancora oggi radicate sui due versanti della città e insostituibili per comprendere la complessità di una metropoli in rapidissima mutazione, le due redazioni si rincorrono dal polo orientale dell’Alexanderplatz a quello occidentale dell’Anhalter Bahnhof e le rotative sembrano lanciarsi nella notte un rombo contrapposto da un versante all’altro, come se ci fosse ancora un muro da superare.
Nel giorno di novembre in cui i berlinesi tornano, dopo 30 anni, al momento decisivo della riconquista della libertà e della dignità democratica, è stato un treno straordinario ornato a festa con i simboli delle due testate e lanciato dall’estremo Est all’estremo Ovest della città a ospitare le redazioni riunite. Ad attendere il convoglio, sulla banchina della stazione di Pankow, dove nell’area settentrionale della metropoli la dittatura della DDR aveva trovato inizio nel 1949 e dove ha visto la sua fine nel 1990, Robert Ide con molti dei redattori del Tagesspiegel. Con lui anche un collega venuto da lontano: il direttore di Pagine Ebraiche e della redazione giornalistica dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Guido Vitale.
“È un momento importante per la città e per i suoi giornalisti – ha commentato Vitale – ma anche per tutta Europa. E il viaggio di questo treno speciale, affollato di giornalisti e di lettori merita anche un ringraziamento particolare ai colleghi che si impegnano ogni giorno sotto il segno del ‘Non vi daremo tregua’ contro l’odio e l’antisemitismo. Dalla loro lezione di professionalità e di coraggio civile avrebbe molto da imparare anche molta stampa nostrana. Questa redazione mobile è una festa per la democrazia e per il giornalismo che garantisce le società civili”.
Arriva Arntz, si uniscono esponenti del mondo politico e civile, innumerevoli testimoni venuti a portare la propria voce. Il treno entra in stazione, lascia salire a bordo giornalisti e lettori, comincia la sua corsa verso Ruhleben, il capolinea all’estremo Ovest agli antipodi di Pankow, mentre durante tutto il viaggio si susseguono interviste, interventi e testimonianze. Nelle diverse stazioni salgono autorità e semplici cittadini, mentre la festa viaggiante vede alternarsi momenti di commozione e di ricordo.
Ide tira fuori dalle tasche un grumo di cemento grigio. I suoi genitori, fra i primi a varcare finalmente liberi il Muro al valico della Bornholmerstrasse, lo hanno staccato in quella notte del novembre del 1989 per consegnarlo alle nuove generazioni e per ricordare loro che la libertà non è un regalo, ma una conquista.
Molti raccontano come trascorsero quella notte che cambiò la storia d’Europa. Vitale ricorda la commozione nella redazione del quotidiano di Trieste “Il Piccolo” dove era cronista, quando anche la città di frontiera che fu il punto più meridionale della Cortina di ferro fu attraversata dal brivido di avvenimenti che fino a poche settimane prima sembravano impensabili. “La prima cosa che ho pensato di fare – ha raccontato il direttore di Pagine Ebraiche – mentre le telescriventi lanciavano le prime informazioni sulla popolazione di Berlino Est che premeva sulla frontiera e finiva per abbattere le barriere e osservavo con ammirazione i colleghi degli Esteri impegnati a ribaltare in tutta fretta le pagine del giornale, è stato di chiamare mio figlio, che allora aveva otto anni, ma aveva amici a Berlino Ovest e comprendeva benissimo cosa significasse il Muro, per avvertirlo che la città sarebbe tornata libera e unita. A Berlino vivevano allora solo poche migliaia di ebrei. Oggi, dopo tre decenni di democrazia, il tasso di crescita ebraica nella Capitale tedesca è il più intenso al mondo e sono oltre 100 mila. Perché solo quando si afferma la democrazia, la libertà di espressione e di pensiero, il mondo ebraico può crescere e offrire il suo migliore a tutta la società. E oggi – aggiunge – sappiamo anche quello che allora non potevamo sapere: era un ebreo italiano, era un ex perseguitato, era un giornalista nostro collega, il redattore dell’agenzia Ansa Riccardo Ehrman, ad aver provocato con la sua domanda rivolta a un altro giornalista, il portavoce del governo della DDR Guenther Schabowski, la caduta del Muro”.
Mentre il treno continua la sua corsa, fra un intervento e l’altro, qualcuno comincia a ritmare qualcosa. La festa viaggiante organizzata dalle redazioni dei due quotidiani, infatti, è ispirata a una canzone della rockstar tedesca Udo Lindenberg che ha segnato un’epoca.
Era il 1983 quando Lindenberg, già al culmine della popolarità fra le giovani generazioni, lancia da Amburgo la sua sfida alla dittatura della DDR con la sua “Sonderzug nach Pankow” (Treno straordinario per Pankow). Nessun treno proveniente dalla Germania occidentale poteva allora raggiungere la cittadella appartata dove il regime comunista aveva collocato i suoi centri di potere. Con un testo sfrontato Lindenberg derideva il leader della DDR Erich Honecker chiamandolo apertamente in causa e chiedendogli di organizzare un treno speciale per portare la sua band a suonare per i ragazzi di Berlino Est.
Quel treno impossibile per Pankow non partì mai, ma Honecker e gli uomini del regime furono costretti per non perdere la faccia a stare al gioco, invitando Lindenberg a esibirsi a Berlino Est a condizione che quella canzone irridente non fosse mai cantata. Il cantante accettò varcando la frontiera accolto da una folla di giovani che lo attendeva con emozione. Rientrato nel mondo libero, Lindenberg mandò in dono a Honecker una giacca nera di cuoio amata dai punk di quella generazione e il leader comunista contraccambiò inviando alla rockstar uno Schalmei, lo strumento a fiato derivato dall’antica Ciaramella che riproduce le vibrazioni delle canne d’organo e che accompagnava le marce dell’organizzazione giovanile comunista della DDR.
In occasione della prima visita di Honecker nella Repubblica federale tedesca nel 1987 sarà di nuovo il cantante a trovarsi sulla strada del dittatore. Avvicinandolo in pubblico a Wuppertal, Lindenberg mette nelle mani di Honecker una chitarra elettrica che porta sulla cassa la scritta “Gitarren statt Knarren” (“Chitarre, non armi”). Mancavano ancora molti mesi alla caduta del muro, ma milioni di tedeschi ritmando la canzone e pensando che forse un giorno i treni avrebbero potuto correre verso Est e arrivare a Pankow, cominciarono a capire che chi è capace di immaginare la libertà è anche capace di conquistarla.
Alla caduta del Muro Lindenberg fu nuovamente chiamato a cantare quella canzone che aveva fatto tremare la più dura delle dittature europee e scelse di far vibrare il suono lacerante dello Schalmei che aveva ricevuto da Berlino Est. Riallacciati i binari delle due Germanie, le Ferrovie federali tedesche donarono allora a Lindenberg una locomotiva BR218 e consentirono al cantante prima di far partire verso Est il primo treno straordinario per Pankow di decorarla con i suoi dipinti.
Fra molte memorie e nuovi progetti di futuro il treno dei giornalisti ha infine attraversato tutta Berlino per toccare l’estrema periferia occidentale.
Per il direttore del Tagesspiegel giusto il tempo di passare il testimone al collega della Berliner Zeitung. Poi ancora il lungo ululato delle sirene che annunciano la chiusura delle porte e il treno della libertà voluto dai giornalisti di Berlino riprende a ritroso la sua marcia verso Est e torna a correre sui binari il sogno di quei ragazzi che trent’anni fa, con una canzone e mille speranze, abbatterono il Muro e restituirono Berlino all’Europa.