Roma – Talmud, palestra della logica Il confronto in università
Il Talmud entra per la seconda volta all’Università di Roma Tor Vergata. Infatti, il Qiddushìn, il quarto trattato del Talmud, edito dalla Giuntina e tradotto nel contesto del Progetto “Traduzione Talmud Babilonese” – frutto di un protocollo di intesa tra Presidenza del Consiglio dei Ministri, Miur, Cnr e Ucei – è stato presentato lunedì 11 novembre 2019 presso l’Università di Roma Tor Vergata. Per l’occasione, il Centro Romano di Studi sull’Ebraismo (CeRSE) ha proposto una giornata di approfondimento sull’opera e sul progetto.
Era presente il nuovo Rettore Orazio Schillaci che non ha fatto mancare il proprio sostegno all’iniziativa, seguendo con vivo interesse tutti gli interventi e sottolineando la forza vivificatrice che progetti come questo hanno per l’intera comunità accademica, mentre ha coordinato la mattinata Lucia Ceci, Direttrice del CeRSE, la quale non ha mancato di rimarcare più volte la capacità di tutte le istituzioni coinvolte nel fare squadra per portare a compimento un così ambizioso traguardo.
Parole di sostegno a proseguire con insistenza sulla strada degli studi giudaici sono venute anche da Giorgio Adamo, direttore del Dipartimento di Storia, Patrimonio culturale, Formazione e Società, mentre Clelia Piperno, direttore Progetto Traduzione Talmud Babilonese, ha raccontato dell’entusiasmo con cui i giovanissimi traduttori coinvolti hanno condotto il complesso lavoro. Ruth Dureghello, presidente della Comunità Ebraica di Roma ha ricordato come questo Talmud fiorisca oggi nello stesso luogo in cui un tempo veniva invece dato alle fiamme (il riferimento è al drammatico rogo del Talmud a Campo de’ Fiori, nel 1553).
Poi è venuta finalmente la volta di rav Riccardo Shmuel Di Segni, presidente del Progetto Talmud e curatore di questo quarto trattato. Il rabbino capo di Roma nel suo intenso intervento ha fornito un racconto avvincente circa lo sforzo della ragione umana per comprendere e adattare i contenuti del testo rivelato nel corso dei secoli. Gli studi talmudici si mostrano così come “una palestra della logica”. Rav Di Segni rimarca pure che nella tradizione ebraica “lo studio è un dovere”. Ma anche un piacere, potremmo aggiungere, vista la partecipazione e il coinvolgimento dei numerosi studenti (alcuni provenienti da un liceo del frusinate) qui convenuti. In riferimento all’oggetto del Qiddushìn (fidanzamenti e matrimoni) il Rav ha poi sottolineato come oggi i costumi siano mutati in maniera radicale, persino rispetto al “nuovo” codice del diritto di famiglia italiano (del 1975). E di come il perenne mutamento della società, infine, ben si presti a essere affrontato per mezzo degli studi talmudici – nel senso di “discussioni sulla tradizione” – e di come questi ultimi favoriscano il processo dialettico che è alla base di ogni ambizione democratica. Segno della vitalità del pensiero ebraico e di come esso divenga faro normativo per la civiltà umana tutta.
Come ben si evince dall’intervento del professor Diego Quaglioni, docente di Storia del diritto medievale e moderno all’Università di Trento. Quaglioni si dichiara subito sconcertato dal fatto che non esistano studi o pubblicazioni sul peso che la tradizione giuridica ebraica ha avuto sulla formazione della tradizione giuridica occidentale, la quale sarebbe, a detta dell’accademico “fortissima” e “molto più influente di quello che si possa credere”. Difatti Quaglioni racconta di come il Trattato Qiddushìn del Talmud babilonese – visto da occidente – non sia altro che una sorta di digesto, ossia una raccolta giurisprudenziale. Servita poi come base per riscrivere il diritto di famiglia di quelle nazioni che a seguito della Riforma si erano affrancate dalla potestà cattolica romana, relativamente alle questioni matrimoniali.
Myriam Silvera, docente di storia e cultura ebraica in età moderna presso l’Università Tor Vergata, parla del ruolo della donna in relazione allo studio della Torah. Partendo dal folio 29b di Qiddushin e dai doveri dei padri nei confronti dei figli, giunge alla domanda se la donna abbia l’obbligo di insegnare Torah ai figli, perché, dicono i Maestri “chi ha l’obbligo di studiare, ha l’obbligo di insegnare, e chi non ha l’obbligo di studiare non ha l’obbligo di insegnare”. Passa quindi a un breve excursus in merito alle posizioni dei maestri della Mishnà sulla possibilità – e sull’utilità – per il gentil sesso, di approcciarsi allo studio di “Torà” (intesa nell’accezione di “fonti e discussione sulle fonti”). In conclusione cita le “Norme sullo studio della Torà” di Maimonide, che propongono una soluzione “plurale” che attesta la lungimiranza del celebre rabbino, medico e filosofo. M. Silvera termina con una rivelazione che è anche una conferma: “Rav Di Segni permette alle donne di studiare Torah. Egli stesso insegna a noi donne”.
La giornata si è chiusa con l’intervento di un ospite a sorpresa, l’ambasciatore dello Stato di Israele in Italia, Dror Eydar. Uomo di lettere colto e sensibile, nominato appena due mesi fa. Il racconto di Eydar – letto in un italiano impeccabile – è una emozionante epopea del pensiero umano, svelata per il tramite dell’aneddotica ebraica che culmina con il disvelamento delle reali origini di coloro che scrissero il Talmud babilonese. Segno che “chiunque può fare la storia”. Basta solo studiare e ragionare. Come da millenni fanno gli ebrei.
Damiano Laterza