Periscopio – Niente, il resto di niente
Ho sempre creduto nell’importanza delle parole, e del loro significato. Le parole sono cose, in ebraico il termine davàr ha entrambi i significati; da non credente, mi è sempre piaciuta l’indicazione del Decalogo come “le dieci Parole”, come l’incipit del Deuteronomio (“queste sono le parole…”) e del Vangelo di Giovanni (“in principio era il logos”): il logos, la parola, viene prima di tutto.
Dunque, se le parole hanno un senso, un significato, prendiamo atto che c’è un’importantissima città il cui Assessore alla Cultura, al Turismo e alle Relazioni internazionali ha detto (rivendicando poi le sue parole) che tutti i cittadini di un certo Paese sarebbero “porci, accecati dall’odio, negazionisti e traditori”. Se lo dice lei, sarà vero. In questo Paese vivono molti ebrei, ma anche molti arabi, cristiani, drusi e altri. Certamente l’Assessore non poteva riferirsi ai soli ebrei, altrimenti si potrebbe pensare che sia antisemita, e giura di non esserlo, ci mancherebbe altro. Tutti, dunque. Anche gli arabi, anche i frati francescani, anche gli accanitissimi oppositori dei vari governi di quello stato (ce ne sono tantissimi), anche i bambini che stanno nascendo in questo momento. Tutti. È molto triste che un bambino, già al momento della nascita, sia segnato da una tara genetica, da un immodificabile marchio di Caino, ma tant’è. D’altra parte, non è certo la prima volta che accade nella storia. Per secoli, e ancora, in una certa misura, al giorno d’oggi, tanti bambini sono nati segnati dall’accusa di avere ucciso Gesù. Oggi hanno ucciso qualcun altro.
Non c’è scampo. Tutti.
Freno in me l’impulso di esprimere parole di sdegno ed esecrazione, perché ho avuto la ventura di conoscere quell’Assessore quando era poco più che una bambina, e ricordo che rimasi colpito dalla sua viva intelligenza e dalla sua già spiccata personalità. Mi è perciò difficile tradurre il mio sconcerto e la mia tristezza in parole di accusa contro di lei. Se l’antipatia (per usare un eufemismo) che l’Assessore nutre verso le scelte del governo di quel Paese la autorizza a esprimere queste parole terribili verso tutti i suoi cittadini, allora anche io dovrei riversare il mio sbigottimento, il mio sgomento su tutti i cittadini su cui lei ha la grande responsabilità di amministrare, per il bene comune. Sarebbero tutti corresponsabili di quelle parole, dure come le pietre, brucianti come il fuoco, velenose come il curaro. Parole che fanno tanto male, a tutti. Non solo ai cittadini di quel Paese-mostro (che, costretti a prendere atto, per l’ennesima volta, di quanto possa essere pregiudiziale, acritica, irrazionale l’ostilità che li circonda, saranno indotti a chiudersi fatalmente in un atteggiamento di mera autodifesa e diffidenza, disperando di qualsiasi possibilità di intesa e di dialogo con parte del mondo che li circonda), ma anche ai cittadini di quell’altro popolo (che un gioco cinico ha posto contro il popolo maledetto, anziché, come dovrebbe essere, accanto ad esso), che l’Assessore crede di amare, e che invece lega, a filo doppio, a un futuro di buio e disperazione; e, soprattutto, appunto, agli abitanti di quella città bella e sfortunata, di cui si potrebbe pensare che abbiano, tutti quanti, una naturale propensione a un radicale, assoluto disprezzo verso un intero popolo. Tutti: pizzaioli e vigili urbani, studenti e babysitter, detenuti e parcheggiatori abusivi, sacerdoti e calciatori, studenti e pensionati. Tutti. (A proposito, lo sa l’Assessore che non pochi cittadini di quella città hanno anche il passaporto di quel ripugnante Paese? nessun imbarazzo a fare l’Assessore di porci? e lo sa che molti altri hanno votato la loro vita alla difesa di quella nazione, senza mai [mai!] sognarsi di esprimere verso i cittadini dei Paesi ad essa nemici (che sono tanti) parole non rispettose? e lo sa che molti cittadini di quel Paese vengono a visitare la sua città come turisti? se l’ex Ministro dell’Interno [che, immagino, non stia molto simpatico all’Assessore] chiudeva i porti agli immigrati, perché lei, come incaricata degli affari internazionali, non chiude porti, aeroporti e autostrade ai porci? Così, solo per il decoro urbano. E perché, come responsabile del turismo, non chiede ai ristoratori cittadini di servire loro ghiande, al posto delle pietanze servite agli umani?).
Ma gli abitanti di quella città non meritano di essere considerati così, di essere trattati così. Hanno tanti difetti, come tutti. Per esempio, si entusiasmano tropo facilmente per qualcuno. Ma sono anche piuttosto volubili: sono facili agli applausi, ma altrettanto ai fischi. E un atavico disincanto, soprattutto, li rende consapevoli che tutto passa rapidamente, l’amore come l’odio. Sanno – come il grande Enzo Striano immagina che abbia pensato, sul patibolo, Eleonora Pimentel Fonseca – che di tutto, alla fine, non resterà “niente, il resto di niente”.
Francesco Lucrezi, storico