“Via Elio Toaff, una strada di luce”
“Via Elio Toaff. Una strada di luce”. L’Osservatore Romano, il quotidiano della Santa Sede, in un articolo pubblicato nell’edizione odierna racconta l’intitolazione di una strada di Roma in memoria del grande rabbino partendo dallo sguardo proposto da Pagine Ebraiche, il giornale dell’ebraismo italiano. L’articolo, firmato dal giornalista della redazione UCEI Adam Smulevich, mette al centro il valore simbolico dell’iniziativa ma anche il suo significato di “Kiddush hashem”, segnalato a Pagine Ebraiche dal rav Giuseppe Momigliano. Istituzioni e comuni cittadini, e tra loro tanti giovani, hanno infatti onorato una vita di scelte scaturite in prima istanza dal rapporto con la dimensione religiosa. “Un aspetto determinante – si ricorda – non solo nell’esercizio della funzione rabbinica, ma anche in tutti gli altri momenti di una vita che è stata lunga, intensa e costantemente a confronto con gli alti e bassi di un secolo”.
“Via Elio Toaff, una strada di luce”
La celebrazione di un atto amministrativo dall’evidente valore simbolico, ma anche qualcosa di molto più solenne. Come ha spiegato Rav Giuseppe Momigliano su «Pagine Ebraiche», la recente cerimonia di intitolazione di una strada in ricordo di Rav Elio Toaff, l’indimenticabile Maestro livornese che fu rabbino capo di Roma dal 1951 al 2001, ha costituito un vero e proprio momento di «kiddush hashem», e cioè di santificazione del nome di Dio.
Istituzioni e comuni cittadini, e tra loro tanti giovani, hanno infatti onorato una vita di scelte scaturite in prima istanza dal rapporto con la dimensione religiosa. Un aspetto determinante non solo nell’esercizio della funzione rabbinica, ma anche in tutti gli altri momenti di una vita che è stata lunga, intensa e costantemente a confronto con gli alti e bassi di un secolo.
Doverosa la scelta di rendergli questo omaggio nel quartiere ebraico della capitale, dove un pezzo di via del Tempio, la strada in cui ha vissuto in tutti i suoi anni romani, dal 31 ottobre scorso porta il nome di un leader capace di gesti tangibili di amicizia e distensione dei rapporti, come quando il 13 aprile del 1986 accolse Papa Giovanni Paolo II all’ingresso del Tempio Maggiore. Una svolta epocale per un nuovo capitolo nelle relazioni tra ebrei e cristiani, come anche le successive visite in sinagoga di Papa Benedetto XVI e Papa Francesco hanno confermato nel segno di quella che è oggi una felice tradizione. «Un atto ripetuto tre volte diventa chazaqà, consuetudine fissa» sottolineò il rabbino capo Rav Riccardo Di Segni accogliendo il pontefice argentino nell’ultimo di questi incontri tra le due sponde del Tevere. Le ferme parole di Francesco contro l’antisemitismo come negazione dell’identità cristiana, pronunciate mercoledì 13 novembre, sono un ulteriore elemento di questo processo che ha preso avvio dalla Nostra aetate e che si è consolidato, in modo decisivo, quel giorno di primavera di 33 anni fa.
I pochi ma simbolici metri scelti per via Elio Toaff condensano tutta la storia passata e recente della Comunità ebraica locale. Due i momenti drammatici che i palazzi che vi si trovano hanno testimoniato nel solo Novecento: il rastrellamento nazista del 16 ottobre 1943, con le Ss che imperversarono per ore nel quartiere nel giorno più nero di Roma, catturando e inviando nel lager oltre suoi mille cittadini (solo 16 fecero ritorno). E poi l’attentato palestinese del 9 ottobre 1982, con i terroristi che fecero fuoco colpendo a morte il piccolo Stefano Gaj Taché, di appena due anni.
Via Elio Toaff è però anche strada di luce: nel ricordo della visita di Karol Wojtyła, che da quella parte del Tempio ebbe inizio, ma anche per i molti segnali che si colgono attraversandola oggi. È la via da cui si sentono cantare gli studenti della scuola ebraica nell’ora di musica. Ma è anche la via in cui si trova la libreria gestita dalla Comunità, quindi un luogo vivo di produzione culturale, e che porta dalla sinagoga ai luoghi della ristorazione kasher presi d’assalto ogni domenica dai romani in un dialogo che si rinnova ogni settimana anche a tavola.
Inaugurando la strada, la sindaca Virginia Raggi ha affermato: «Toaff ha segnato in maniera indelebile la nostra storia con il suo esempio e la sua apertura mentale». È la prima volta, è stato poi osservato dal Rav Di Segni, che una via di Roma prende il nome di un rabbino. Accanto a «molti papi, cardinali e santi» una novità toponomastica che riconosce il solco lasciato da un uomo «fermo nei principi» e che ha ridato dignità «a tutta Roma».
La carriera rabbinica, con la capitale come approdo definitivo di un percorso iniziato a Livorno e proseguito ad Ancona e Venezia. Ma anche le sfide da giovane studente universitario alle prese con la legislazione antiebraica del regime fascista, l’esperienza partigiana che lo vide testimone degli orrori compiuti dai nazisti a Sant’Anna di Stazzema, le fatiche della ricostruzione sia fisica che morale di un ebraismo italiano devastato dalla Shoah. Questi e molti altri gli aspetti dell’uomo e rabbino Toaff messi in evidenza durante la cerimonia. Con un pensiero speciale che è andato a Livorno, città d’origine, cui spesso si rivolgeva nei suoi pensieri (anche scherzosi) e in cui ha scelto di riposare dopo la morte.
I bambini della scuola ebraica intonano canzoni. Qualcuno guarda la targa e si commuove. È proprio vero quel che dice Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio: «Questa targa fa stare in mezzo a noi un uomo che è ancora vivo».
Adam Smulevich, L’Osservatore Romano 22 novembre 2019