“Rav Sierra, un Maestro aperto al confronto”
Rappresentanti di istituzioni ebraiche, rabbini, docenti universitari. Molti interventi hanno caratterizzato la giornata di studio organizzata ieri a Torino in ricordo di rav Sergio Yosef Sierra, dal 1960 al 1985 rabbino capo del capoluogo piemontese, nel decennale della scomparsa.
“Oggi ricordiamo un maestro, un rabbino, ma anche un uomo delle istituzioni ebraiche, come presidente dell’Assemblea Rabbinica italiana. Un rabbino moderno che tenne per lunghi anni le cattedre rabbiniche di Bologna prima e di Torino poi. Un rabbino che concepiva la Torah al centro della vita ebraica, ma che era aperto al mondo esterno, alla società in cui la Comunità è inserita” ha sottolineato nel suo intervento il vicepresidente UCEI Giulio Disegni, portando anche i saluti della presidente Noemi Di Segni.
“Importante – ha detto Disegni – un suo concetto espresso in una relazione alla Assemblea Rabbinica su ‘Il Rabbino nella Comunità – Significato di una presenza’. È indispensabile, scrive rav Sierra, ‘che la Comunità promuova un continuo dibattito nel suo seno per misurarsi in ampie e libere discussioni con tutti i problemi della società, esprimendo il punto di vista ebraico, cogliendo la problematica umana in maniera che l’ebreo sia stimolato a riflettere sui problemi, facendo uno sforzo di approfondimento dell’ebraismo onde enuclearne la peculiarità in base alla quale è possibile offrire una risposta ebraica valida nel tempo in cui viviamo…Indubbiamente gli aspetti sociali, umani della convivenza quotidiana sono gli aspetti più importanti e come tali sono avvertiti dalla generalità delle persone, e non a caso Hillel vide nell’amore del prossimo la quintessenza di tutta la Torah’”.
Rav Sierra, ha proseguito Disegni, “ha sempre insegnato nel suo lungo magistero che occorre comprendere che la Torah è Torah di vita, che non può essere circoscritta all’interno del solo Beth Hakeneset, ma deve raggiungere ogni aspetto della vita ebraica, indirizzandola: ‘Bisogna fare in modo di evitare la burocratizzazione della religione, cioè evitare che il rabbino se ne stia nella sua cattedra in posizione statica e relegato in una funzione che lo limiti semplicemente a negare o consentire ciò che è proibito o permesso dall’Halakhah'”.
In ciò rifacendosi all’insegnamento del rav Kook: “Cò che è nuovo deve essere santificato, e ciò che è santo deve essere rinnovato”.
(25 novembre 2019)