I libri migliorano la vita
Sono convinto che sia utile e opportuno, nel momento in cui si cerca di ragionare, rimandare a libri e letture, cioè a una tradizione. È anche doveroso atto di umiltà, requisito primario di ogni studio serio, tenere in considerazione quello che altri hanno scritto e da lì, se ne siamo in grado, eventualmente partire per provare a aggiungere qualcosa. La tradizione ebraica di commento al testo ha giocato un ruolo non piccolo nel plasmarsi, adattarsi e diffondersi di questo principio.
I libri possono essere una confortevole corazza, come per il professor Kien, il sinologo protagonista del romanzo di Elias Canetti “Auto da fé”; in questo senso possono anche inibire, e non solo sollecitare, il pensiero, anche se a conti fatti vale la pena correre il rischio. Leggere libri è un modo per salire sulle spalle dei giganti e provare a vedere più lontano, se vogliamo fare nostra un’immagine medievale fondata su ampio ma non irrazionale ottimismo. Forse per questo Jorge Luis Borges ripeteva di essere fiero non tanto dei libri che aveva scritto, bensì di quelli che aveva letto.
I motivi per cui i libri migliorano la vita umana sono sintetizzati da Nicola Gardini nel volume “Per una biblioteca indispensabile. Cinquantadue classici della letteratura italiana” (Einaudi):
“I libri educano l’individuo ai valori della civiltà, che si sostengono sulla coscienza critica del rapporto tra sé e gli altri. Attraverso i libri mi conosco meglio, perché la lettura mi esercita a intendere una mente creatrice e il mondo che mi mette sotto gli occhi; imparo a dare un senso alla mia individualità e alla sfera in cui questa si muove di volta in volta; e così, sapendomi interpretare, saprò comportarmi più umanamente con il mio vicino, con mia moglie, con mio figlio, con i miei genitori; leggerò nelle loro intenzioni, nelle loro parole, nei loro gesti, e non agirò per ignoranza, non fraintenderò i segnali, non proverò il sentimento sbagliato. Né, se so leggere i libri, darò peso eccessivo ai piccoli problemi; e, se so leggere, quelli grandi non mi spaventeranno e, quando un dolore o una pena mi colpiranno, troverò i mezzi per consolarmi. Anche i libri costituiscono una scienza: quella appunto, dei sentimenti e dei comportamenti umani; quella dell’identità e della diversità. Attraverso i libri apprendiamo la varietà del mondo. Impariamo a capire gli altri e a giudicare noi stessi; la nostra esistenza si estende. I libri donano vita, tutta quella che non avremo mai il tempo di vivere, e rendono più chiara e ricca e gratificante quella che stiamo vivendo. I libri sono riserve di tempo. Un buon lettore sarà per forza un miglior studente, un miglior avvocato, un miglior medico […] Un popolo di lettori è di necessità più felice, più giusto, più intelligente. La letteratura, lo sappiamo, non può tutto; ma può qualcosa. Il nazista letterato esisterà sempre. Se la letteratura non l’ha reso migliore, non è, però, colpa della letteratura. Non è colpa dell’alcol se alcuni si ubriacano o del cibo se il colesterolo sale”.
Giorgio Berruto
(28 novembre 2019)