Chomsky e Mujica, una bella coppia

emanuele calòNoam Chomsky (n. 1928) e José Mujica (n. 1935) appariranno insieme in un documentario; all’uopo Chomsky si è recato in Uruguay, dove le foto lo mostrano in una “parrillada” (ritrovo/ristorante a base di carne alla griglia) con Mujica. Chomsky è un famoso linguista ebreo statunitense, Mujica è l’ex Presidente dell’Uruguay, già guerrigliero del Movimiento de Liberación Nacional (Tupamaros).
Sono due simpatici vecchietti, che nelle foto scattate del loro memorabile incontro, appaiono anche nella famosa Volkswagen Maggiolino di Mujica, inconsapevoli di apparire, loro malgrado, come una via di mezzo fra la Strana Coppia (The Odd Couple) e Bonnie & Clyde.
Chomsky, antisraeliano ma, al contempo, anti- tutto, ha anche incrociato le lame con Alan Dershowitz, il miglior avvocato d’America e fervente pro israeliano in qualche memorabile dibattito, dal quale è uscito con le ossa rotte, come risulta dai numerosi video reperibili sul web.
Negli ultimi anni, le tesi di Chomsky sono diventate vieppiù bizzarre, mentre Mujica ha percorso la strada inversa, passando da Tupamaro (le Brigate Rosse gli hanno rubato il logo, e forse Mujica potrebbe fare una bella causa basata sulla violazione della proprietà intellettuale) a vecchio saggio.
Vi è stato un simpatico intreccio fra costruzione esogena ed endogena dell’immagine di Mujica. Lui ha comperato una ‘chacra’ (un piccolo podere) nei dintorni di Montevideo, dove vive modestamente (ma non nella miseria e senza elettricità, come vorrebbero le leggende metropolitane) e predica il distacco dai beni materiali, distacco che attua anche in modo concreto, rinunciando spesso a indennità e addirittura a terreni del suo podere. Nel contempo, Mujica elabora dei discorsi sul pauperismo, che vengono scambiati per messaggi trascendentali, benché siano fatti di idee oneste ma senza pretese. Non direi che sia colpa sua e, se lo fosse, lo sarebbe soltanto in parte, dato che, per esempio, vi è traccia di chi lo accosta ad un santo (N. Angelucci, G. Tarquini, Il Presidente impossibile. Pepe Mujica da guerrigliero a Capo di Stato, Roma, 2014, p. 15) ma è un profilo sul quale, per cause tecniche, non siamo in grado di pronunciarci; tuttavia, sia che l’immagine sia stata creata da lui, oppure dagli altri, sta di fatto che lui dimostra di trovarvisi benissimo.
Quando, il 7 maggio scorso presentai al Cinema Farnese il bel film sui Tupamaros “Una notte di dodici anni”, del regista ebreo uruguagio Alvaro Brechner, riguardante la prigionia di Mujica e di altri capi Tupamaros, mi resi conto, senza esserne particolarmente sorpreso, della visione romantica, esotica e salgariana che ne aveva il pubblico, come se l’Uruguay, anziché essere un Paese sostanzialmente europeo, pullulasse dei vari Sandokan, Tremal Naik e Yanez de Gomera. D’altronde, non aveva forse scritto Gustave Flaubert, alla voce ‘Amérique’ del suo Dictionnaire des idées reçues, “l’exalter quand même, surtout quand on n’y a pas été”?
Sta di fatto che ormai è un dato acquisito che i Tupamaros, anziché essere insorti contro una democrazia, sono accreditati – perfino a casa loro – come combattenti per la libertà; un poco come se io sostenessi di aver fatto vincere all’Italia nel 1982 i Mondiali di Spagna con una mia rete a tempo scaduto.
Ecco, questo è il tratto distintivo dei nostri tempi, ed è (anche e non solo) la conseguenza del declino della carta stampata a favore della ‘carta’ virtuale; nella prima non scrivevano tutti, nella seconda scrivo perfino io. Il trionfo della verità virtuale ne costituisce la logica conseguenza, soprattutto per quanto riguarda un evergreen: ebrei, sionismo, conflitto mediorientale. Anni fa, Sergio Della Pergola (Chiarezza su Shlomo Sand, Moked, 30 maggio 2012) scrisse del ‘bidone della commistione fra ebrei e Kazari’. Potremmo, sommessamente, soggiungere che, mentre i primi sono sempre numericamente pochi, i secondi tendono a moltiplicarsi all’infinito, anche da noi.

Emanuele Calò, giurista