L’Europa e i greci a Stalingrado
Pubblicare una foto di Hitler in compagnia di un cane con la frase “vi hanno detto che sono stato un mostro per non farvi sapere che ho combattuto contro i veri mostri che oggi vi governano dominando il mondo”, come ha fatto Emanuele Castrucci, docente di Filosofia del diritto all’Università di Siena, è un gesto molto eloquente ma poco originale. Soprattutto quando subito dopo l’accademico ha aggiunto, a titolo di spiegazione, che “Hitler, anche se non era certamente un santo, in quel momento difendeva l’intera civiltà europea”.
Niente di nuovo, si diceva. Castrucci infatti pesca, se non proprio nel mare, almeno nello stagno torbido di un pensiero razzista e antisemita di destra che ha giocato un ruolo non secondario nel primo Novecento ed è stato scosso ma non esaurito dalla sconfitta della Germania alla fine della seconda guerra mondiale (si badi: non è stato scosso dalla Shoah e dagli incalcolabili crimini di guerra commessi dai tedeschi e dai loro alleati, ma dal fatto che questi, alla fine, hanno perso).
Tra i principali esponenti di questo filone c’è il rumeno Mircea Eliade, per decenni considerato tra i più originali e influenti studiosi di storia delle religioni anche se oggi numerosi autorevoli studiosi, tra cui lo storico Carlo Ginzburg, ne mettono in discussione l’apporto in sede scientifica con argomenti convincenti. Eliade, molto vicino negli anni trenta al movimento nazionalista (oggi si direbbe “sovranista”), razzista e violentemente antisemita della Guardia di ferro, pensa alla guerra mondiale come a uno scontro che l’Occidente civile deve combattere contro i barbari che arrivano da oriente, l’ennesima battaglia di una serie che rappresenta il filo rosso della storia d’Europa. Non c’è bisogno di aggiungere che l’Occidente civile è rappresentato dalla Germania nazista e dai suoi alleati, tra cui la Romania, l’Oriente barbaro dall’Unione sovietica. E’ questo, per Eliade, “il fatto decisivo di questa guerra”, scrive il 19 novembre 1942, proprio il giorno in cui scatta l’operazione Urano, con cui le truppe sovietiche sfondano le linee dell’Asse tenute da contingenti rumeni e procedono all’accerchiamento dei soldati tedeschi nella sacca.
“Dolorosamente avverto l’agonia di chi è a Stalingrado, l’agonia dell’Europa”, scrive Eliade il 28 gennaio 1943. La “tragedia” di cui parla è quella della sesta armata tedesca, che infatti pochi giorni dopo, il 2 febbraio, è costretta alla resa con cui la battaglia si conclude. Eliade si appella allora a Eschilo, il poeta tragico ateniese che nei “Persiani” ha esaltato la libertà ellenica contro il dispotismo dell’impero orientale. L’eroismo dei greci rivive in Hitler, difensore dell’Europa, contro Stalin e la sua “orda eurasiatica” di “assassini rossi”. Queste sono le acque fangose in cui Castrucci ha gettato la rete.
Giorgio Berruto