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Una grande famiglia veneziana

jesurumSuccede che Marilì Cammarata mi faccia avere la seconda edizione, riveduta e ampliata, del suo Angeli, Margherite, Mandolini e altri Levi erranti. Una grande famiglia veneziana dal ghetto al mondo (e alla corte d’Inghilterra), Alpes editore. Accade che l’autrice da tempo si sia appassionata alla storia di questo ramo delle proprie origini e adesso mi stuzzichi dimostrando che pure tra quei Levi e la mia famiglia ci sono stati legami stretti, strettissimi. D’altronde, mi dico, tra antiche stirpi ebraiche veneziane è normale e noto che il linkage come il pettegolezzo più sfrenato siano all’ordine del giorno. Ed essendo il Ghetto della Serenissima nodo centrale di commercio e traffici non è certamente una notizia che le diramazioni siano arrivate nei principali porti europei e non. Così «(…) Di Zaccaria non ci mancano notizie. Nato a Venezia nel 1750 e partito intorno al 1780 insieme ad Angelo alla volta di Londra, dove entrambi verranno “regolarizzati” (denizated), apre una ditta di gioielli di vaste dimensioni, grazie al mestiere ereditato dal padre e alla dote della moglie: nel 1787 aveva sposato infatti Simcha Anna (1767-1838), una nipote del celeberrimo miliardario e filantropo sir Moses Montefiore. I due cugini aprirono poi una ditta di import-export analoga a quella dei parenti veneziani, con cui ebbero rapporti di lavoro per almeno mezzo secolo…». Un po’ come i “miei” merlettai Jesurum, premiati con il Grand Prix all’Esposizione di Parigi del 1900 e ancor prima fornitori, tra l’altro, di Sua Maestà britannica.
Tornando ai “Levi di Marilì”: che cosa hanno in comune l’orientalista Giorgio Levi Della Vida, lo psichiatra Marco Levi Bianchini, lo psicoanalista Roberto Assagioli, lo scrittore Alberto Moravia, la moglie di Enrico Fermi, Laura Capon, il matematico Alessandro Padoa, il marito della principessa Anna d’Inghilterra, Timothy Laurence, lo scultore Mark di Suvero, l’artista multimediale Tobia Ravà e Marilì medesima? Discendono, insieme a centinaia di individui sparsi oggi in tre continenti, da Mandolin Levi, oscuro bottegaio e cambiavalute di origine levantina vissuto ai primi del Settecento nel ghetto di Padova, e da sua moglie Rachele Levi.
Si dirà: vabbè, è il destino di molte famiglione che hanno fatto la grande-piccola storia della diaspora ebraica. Vero. Infatti da quel Mandolin da Padova, emigrato a Venezia poco prima del 1770 per sposare Rivkah Sciaky, si dipanano infiniti filamenti di DNA Levi e vanno a intrufolarsi, ad esempio, nel fisico Giorgio Capon, nel musicista Leone Sinigaglia, lambiscono lo scrittore Alberto Moravia, i fratelli Rosselli, i pionieri delle teorie di Freud in Italia, Marco Levi Bianchini e Roberto Assagioli…
A soffermarsi infine sulle immagini e sui racconti, vien da sorridere notando alcune caratteristiche comuni a lorsignore e a lorsignori, tipo la tenacia, la tendenza al misticismo, la depressione e l’obesità, nonché un pizzico di snobismo. E sono curioso di sapere quanti – secondo me moltissimi – scorrendo “Angeli, Margherite, Mandolini e altri Levi erranti” scopriranno legami che non sospettavano.

Stefano Jesurum, giornalista