L’odio, tra rifiuto e precetto

La pervasività dell’odio ma anche la reazione alle parole malate che inquinano la società, come le immagini del corteo milanese per Liliana Segre hanno confermato con rara forza mediatica, rappresentano questioni di strettissima attualità. Un tema. Il tema di questi mesi e anni. E l’ebraismo ha molto da dire al riguardo.
“Ma si può odiare?”, la serata organizzata Centro Pitigliani di Roma da Collegio Rabbinico Italiano e UCEI, ha permesso infatti di mettere a fuoco il tema da questa peculiare prospettiva. Dove ha origine l’odio, quali le parole che appaiono nei testi della Tradizione per definirlo, le diverse variabili di significato. E un interrogativo che suscita almeno due possibili sviluppi. “Ma si può odiare?”, intesa come manifestazione di stupore di fronte a fenomeni inquietanti che, come nel caso del nazionalismo e della ricerca sfrenata di un nemico da additare come colpevole, rigettano la storia recente d’Italia e d’Europa. Ma anche come domanda che, in ben altri contesti, quando certi valori sono messi in crisi, suscita una risposta chiara: in certi casi sì, è possibile odiare.
Una serata stimolante, introdotta dal coordinatore del Collegio Rabbinico rav Benedetto Carucci Viterbi e cui sono intervenuti anche il rabbino capo rav Riccardo Di Segni, il rav Roberto Colombo e il professor Gavriel Levi. Dalle fonti bibliche alla diversificazione delle forme di odio, da quando odiare diventa precetto a un focus specifico sull’odio religioso. Molti gli spunti emersi nel corso della serata che, negli auspici degli organizzatori, vuol essere solo il primo di una serie di appuntamenti dedicati ai grandi temi della contemporaneità visti attraverso il punto di riferimento della Tradizione e della riflessione ebraica.

(11 dicembre 2019)