Il prezzo dell’immunità

rav ascoliL’immunità ha un precedente illustre nella letteratura rabbinica. Troviamo infatti scritto nella Mishnà: “Il re non giudica e non viene giudicato” (Sanhedrin 2:2). La Ghemarà spiega che l’origine di questa regola è il seguente episodio:
Un servo del re Yannài uccise un uomo. Shimòn ben Shatàch [il più eminente fra i giudici] istruì i Saggi di indagare. Come previsto dalla Torà pretese che anche il re, in quanto padrone dello schiavo, si recasse al giudizio e poi, sempre seguendo la procedura, gli intimò di alzarsi in piedi. Al che il re si rifiutò e disse: “Non come dici tu, ma come diranno i tuoi colleghi”. A questo punto le cose presero una pessima piega. Shimòn ben Shatàch si volse verso i suoi colleghi ma questi, tutti, distolsero lo sguardo. Intervenne l’angelo Gabriele e li uccise istantaneamente. In quel momento dissero: “Il re non giudica e non viene giudicato” (v. TB Sanhedrin 19a-b). È preferibile sospendere il giudizio nei confronti di un re arrogante che rischiare di trovarsi in una situazione in cui i giudici non hanno il coraggio di procedere contro di lui. Il prezzo da pagare è altissimo: nell’occasione specifica l’angelo Gabriele fa morire sul colpo tutti i giudici, colpevoli di essersi tirati indietro, e il risultato è che l’istituzione stessa, il potere giudiziale, è interdetto.
È lo stesso passo della Ghemarà, prima ancora di riportare l’episodio relativo al re Yannài, a delineare la situazione ideale, quella dei “re della stirpe davidica”. Al loro riguardo è detto che del giudizio fanno la loro virtù: per giudicare, spiega il Talmud, è necessario essere giudicabili, e la virtù dei re esemplari è quella di giudicare rettamente!
In Israele, dove ci troviamo all’inedita vigilia delle elezioni per la terza volta in meno di un anno, il tema dei potenti che pretendono di essere non-giudicabili è tremendamente attuale.

Rav Michael Ascoli

(17 dicembre 2019)