Odio, solo odio
“Accade che su Facebook ebraici e delle nostre comunità vengono pubblicati post intrisi di parole offensive, deliranti della ragione di sé e del torto altrui di ripetute illazioni generiche senza circostanziare fatti e comportamenti ritenuti non condivisibili, post giudicanti con superiorità saccente il fare o l’essere degli altri correligionari e verso le nostre stesse istituzioni, senza davvero leggere le risposte ricevute, perché l’obiettivo non è capire meglio o dialogare ma solo alzare il polverone della critica, letti poi da migliaia di persone che restano indifferenti, e spesso da rabbanim che non intervengono. E allora chiediamoci perché, perché avviene questo, chi siamo quando ci relazioniamo tra noi e se davvero siamo una luce per gli altri come pensiamo e vogliamo essere”.
Sono parole pesanti quelle pronunciate da Noemi Di Segni, Presidente dell’Unione delle nostre Comunità, domenica scorsa agli Stati Generali dell’Unione. Parole pesanti che si sarebbe auspicato potessero essere evitate. Ma che evidentemente non si poteva più tacere.
Peccato che coloro cui quel messaggio è rivolto non l’abbiano sentito, non lo sentiranno, non lo leggeranno su questa pagina, perché non amano leggere la stampa ‘comunista’.
Perché chiunque non ami la politica salviniana della discriminazione e del sovranismo e la sua retorica violenta è per definizione un comunista stalinista, uno cha mangia bambini a pranzo e a cena. Uno che non crede alle false promesse di Salvini è un laido comunista, perché ‘Salvini ama Israele’. E si leggono allora su pagine anche ufficiali di chi rappresenta una comunità, accuse di ‘Giudei traditori’, tutto bello maiuscolo, perché l’insulto lo si senta meglio.
Ora, che ci sia qualche vetero-comunista fra gli ebrei è assodato. E mi auguro siano pochi. Come è assodato, del resto, che ci siano post-fascisti. Che, anche, spero siano pochi. E ci sono coloro che difendono Israele al di là del bene e del male, e coloro che attaccano Israele al di là del male e del bene. Ma in mezzo ci sono coloro che, pochi o tanti che siano, cercano con fatica una verità onesta minimamente afferrabile, e preferiscono non attenersi a ideologie fisse e stabili, non difendere capi di partito, quanto ragionare con la loro testa, giudicando di volta in volta, di fronte ai singoli eventi e alle singole parole. Guidati da quella che, per ciascuno di essi, è la loro personale coscienza etica. Possibilmente ispirata a un consolidato sentire ebraico. Questo non piace a chi ama le verità fisse, anche quelle che la realtà contesta oltre ogni dubbio.
È invalso allora l’uso di postare foto di nemici politici – D’Alema, Prodi, o che so io – per denunciare il collateralismo (lo si chiamava così un tempo) degli ebrei di sinistra, tutti senza distinzione. L’importante è difendere la trincea della destra. E l’ebreo di sinistra è un ‘Traditore’, anche se D’Alema e Prodi, magari, non li ama affatto. Come se l’ebreo di destra, invece, potesse essere orgoglioso della propria militanza politica di fronte a un Lannutti che evoca i Protocolli o a un consigliere leghista che si dichiara ‘antisemita’ o a un altro che insulta un giornalista al grido di ‘ebreo’.
Ha ragione Noemi Di Segni. Non ricordo di aver mai sentito un rabbino alzare la voce, forte e sonante, per richiamare al rispetto dell’altro – e non oso dire l’ahavat Israel –, che è una mitzvah come tutte le altre. Sicuramente, i rabbanim il richiamo lo rivolgono nelle loro rispettive sedi comunitarie, ma una voce forte, pubblica, formale, ufficiale, quanto sarebbe bello sentirla, fra un dvar Torah e l’altro, magari pronunciata solennemente da un’assemblea rabbinica in seduta plenaria.
Dario Calimani, Università di Venezia
(17 dicembre 2019)