L’olio d’oliva e la festa
L’olio di oliva è un olio alimentare estratto dalle olive, ovvero i frutti dell’olivo (Olea europea). Come si arriva a questo prodotto? La storia è lunga e complessa. Il frutto o drupa dell’Olea europea sativa è denominato oliva. Strutturalmente è composta da varie parti di cui due sono particolarmente interessanti: la polpa che costituisce il 70-80% del frutto, è di consistenza carnosa e dal colore variabile; contiene soprattutto acqua e lipidi esterificati (l’olio). Il nòcciolo che costituisce il 15-25% del frutto: si tratta di un “guscio” legnoso che racchiude il seme detto anche “mandorla”. L’oliva matura, quindi pronta alla spremitura, contiene 45-55% di acqua e 13-28% di grassi che costituiscono l’olio. L’aspetto interessante e caratteristico è che il “prodotto” dell’olivo non è direttamente commestibile. Il sapore è sgradevole e per essere utilizzato richiede una complessa lavorazione. Infatti ha un alto contenuto in polifenoli che le danno un sapore amaro. Pertanto per poter essere consumata “da tavola”, l’oliva nera (matura) o verde, colta prima dell’inizio (invaiatura) della maturazione , deve prima subire un trattamento in salamoia, che può essere composta da varie sostanze, a seconda del gusto che si vuole dare (acqua, sale, aceto e spezie varie). Non sono riuscito a risalire all’ origine di questi trattamenti, ma sono relativamente recenti: non vi sono tracce né indizi che nell’ antichità il popolo d’Israele consumasse olive tal quali. Viceversa malgrado la maggiore complessità del processo produttivo, la produzione di olio ha origini antichissime: reperti archeologici in Israele e altri paesi del Medio Oriente fanno risalire la tecnica di estrazione dell’olio dalle olive a circa 8000 anni fa.
Per capire il processo di produzione dell’olio, partiamo dalla struttura dell’oliva: l’olio d’oliva propriamente detto è contenuto nei lipovacuoli (spazi speciali delle cellule della polpa). Il processo prevede, pertanto, l’estrazione della fase liquida dalle cellule, la rimozione dalle frazioni solide e la separazione della frazione oleosa da quella acquosa.
I metodi di estrazione meccanica dell’olio differiscono per i metodi usati nelle singole fasi, pertanto esistono tipologie d’impianto differenti. Quasi tutti gli impianti prevedono la successione di alcune fasi fondamentali: la rottura delle cellule per far fuoriuscire i succhi; successivamente si separa l’emulsione olio/acqua dalla frazione solida. Ed infine si fa separare l’olio dalla parte acquosa. È interessante notare che la rottura delle cellule avviene in gran parte grazie all’ azione sulla polpa dei frammenti di noccioli rotti dalla lavorazione. Infine la separazione dell’olio dalla frazione acquosa avviene o per decantazione (riposo dall’ emulsione) oppure, molto più rapida , per centrifugazione.
Per ottenere un olio di buon sapore occorre diminuire al massimo il contatto con l’aria, quindi la lavorazione deve essere a freddo e rapida. L’olio “extravergine di oliva” deve avere un’acidità (contenuto di acido oleico) inferiore allo 0,8 %, assicurando così un ottimo sapore al prodotto. Tra questo limite e il 2% l’olio è definito “vergine di oliva”. Al di sopra di questo valore è definito “lampante” cioè adatto ad ardere in una lampada. Essendo questo impiego sostanzialmente scomparso gli olii, con acidità troppo elevata vengono lavorati, spesso tagliandoli con olii extra vergine. Quando i difetti vengono “corretti” mediante il processo di raffinazione e i parametri rientrano nei limiti di legge, si ottiene un “olio neutro” che mescolato con olio extra vergine dà origine al semplice “olio di oliva” L’acidità in sé non è malsana, ma il sapore è assai meno gradevole di quello degli extra vergini che sono molto più appetibili
La procedura, nella sua sostanza, è la stessa da millenni, ma gli antichi Israeliti non disponendo di macchine moderne dovevano ingegnarsi con la tecnologia del tempo. Le ricostruzioni degli archeologi, a partire dai reperti archeologici di Beit Shemesh (frantoio, in ebraico e località odierna sulla strada per Gerusalemme), sono illuminanti sulle antiche tecniche di estrazione.
Tracce di frantoi risalenti a 6000 anni fa sono stati scoperti in bassa Galilea. Qui sono stati trovati cocci e alcune anfore contenenti tracce di olio di oliva sostanzialmente uguale al prodotto moderno.
Inoltre, essendo sorprendentemente ben conservato il materiale archeologico, si può essere ragionevolmente certi che quanto arrivato fino a noi sia molto simile alla composizione originale.
Dei 20 vasi di ceramica campionati, due sono risultati essere particolarmente antichi, risalenti a circa 5.800 a E.V.. Altri reperti questa volta sottomarini (al largo di Haifa) risalgono a 7700 anni fa. Secondo i ricercatori l’area israelo-palestinese potrebbe essere stata la culla della produzione di olio di oliva nell’intero bacino del Mediterraneo.
Non è chiaro quale fosse l’utilizzo dell’olio di oliva in tempi così antichi. Le scoperte, infatti, non fugano ogni dubbio. Solo per il consumo o anche per l’illuminazione? Numerosi riferimenti degli antichi testi sacri ci spiegano comunque gli impieghi sacri: consacrazione di cose (l’altare) e persone (sacerdoti e re). Le piccole candele di argilla, e le ciotole piene di olio con stoppino, sono tutte state datate in epoche successive, ma non è vi sono elementi per escludere che l’olio potesse essere utilizzato, già nei tempi più antichi , per il culto, in modi diversi.
Quando e dove qualcuno ebbe per primo l’intuizione di spremere le piccole drupe dell’olivastro, non è dato di sapere con certezza. Ritrovamenti databili al terziario, un milione di anni fa circa, attestano nei pressi di Bologna la presenza di un antenato dell’olivastro perché in insediamenti umani ne sono state trovate alcune foglie fossili. Sulla riviera francese, nei pressi di Mentone, sono stati trovati noccioli di oliva in insediamenti risalenti al Paleolitico, dunque 35000-8000 anni prima dell’Era Volgare. Al Neolitico ( 8000-2700 a.E.V. ) risalgono invece i reperti che testimoniano la presenza dell’ulivo nella penisola Iberica, e dello stesso periodo risalgono i ritrovamenti che attestano la coltivazione dell’ulivo in Puglia. Nel 2500 a.E.V.. il codice Babilonese di Hammurabi regolamentava la produzione ed il commercio dell’olio di oliva nell’area della “ mezzaluna fertile “, tra i fiumi Tigri ed Eufrate. Lungo le sponde del Nilo si commerciava l’olio ancora prima della XlX dinastia (1292-1186 a.E.V.) in quanto prodotto fondamentale per le imbalsamazioni. A Creta dove l’olivicoltura divenne l’ossatura dell’economia locale: nel palazzo di Cnosso 2000-1600 a.E.V sono stati ritrovati enormi depositi contenenti anfore destinate alla conservazione ed al trasporto dell’olio. Dopo la decadenza di Creta sono i Fenici ed i Cartaginesi che portano l’olio o le piante di olivo in tutto il bacino del Mediterraneo. A questo punto l’olio di oliva, grazie alla sua versatilità, viene usato come detergente, combustibile, lubrificante, cosmetico, cibo e merce di scambio.
Sarà però con Roma che la pianta dell’olivo verrà diffusa in tutto il bacino del Mediterraneo in modo sistematico. Ai soldati romani sparsi in tutto l’impero veniva data una diaria dov’erano presenti il pane, il vino e l’olio.
Con l’introduzione di grassi alimentari di varia origine e di olii estratti dai semi più diversi l’olio di oliva perse il suo primato in molti paesi, ma un nuovo orizzonte si è aperto negli ultimi anni a favore degli oli extra vergini di oliva per i riconosciuti ed ineguagliabili caratteri organolettici che si portano in dote, per merito della cucina mediterranea di cui l’olio è primattore. Inoltre il sostegno dell’informazione medico-dietetica, che ne testimonia il corretto apporto nutrizionale e le proprietà salutari, ha ripristinato l’antico primato di questo alimento
La vicenda di Hanukkah è nota: intorno al 200 a. E.V., gli ebrei vivevano di nuovo in terra di Israele, a quel tempo sotto il controllo della dinastia seleucide (discendenti di Alessandro Magno) stabilitasi in Siria. Il popolo ebraico pagava le tasse alla “Siria” e ne accettava l’autorità legale e per lungo tempo fu libero di seguire la propria fede, di mantenere i propri lavori e di prendere parte ai commerci. Ma quando Antioco IV ascese al trono alcuni ebrei vennero gradualmente sedotti o forzati a violare alcuni precetti della Torà. Parte del Tempio di Gerusalemme fu profanata e venne parzialmente utilizzato per il culto pagano e le cerimonie ellenistiche che Antioco fece organizzare. La forzatura alla trasgressione dei precetti, le profanazioni e la pretesa di ellenizzare la cultura portò alla resistenza ed alla difesa di una parte della popolazione ebraica guidata da alcuni sacerdoti, gli asmonei. In particolare Antioco introdusse una statua di Giove e un altare nel Tempio di Gerusalemme. Mattatiahu, un sacerdote ed i suoi cinque figli Giovanni, Simone, Giuda, Eleazar e Jonathan guidarono la ribellione contro Antioco ed i soldati a quest’ultimo subordinati. Giuda divenne noto come Giuda Maccabeo (in ebraico Giuda il martello). Alla vittoria del popolo ebraico, sia spirituale sia militare, seguì però la morte dei sacerdoti asmonei. Nel 165 a.E.V. la rivolta ebraica completò il successo. Il Tempio di Gerusalemme venne liberato e riconsacrato ed è ben nota la carenza di olio puro necessario ad alimentare il candelabro ed il miracolo che ne è seguito. Come abbiamo appena visto la produzione di olio è (ed era) assai laboriosa. Con gli asmonei la festa di Hanukkah venne istituita proprio per celebrare questo evento. Ancora oggi tutto il popolo ebraico celebra festosamente questa vittoria con l’accensione delle lampade di Hanukkah.
Roberto Jona, agronomo
(Nell’immagine in alto, ricostruzione grafica di una pressa olearia a Beit Shemesh. In centro, planimetria e sezione di una raffineria di olio a Beit Shemesh)